Cosa vogliamo noi genitori dalla scuola? E come cerchiamo di ottenerlo?
La finalità principale della scuola è di preparare per il lavoro futuro? Oppure di educare per saper vivere pienamente la propria vita? Oppure?
Mentre ognuno indaga le sue domande, facciamo un piccolo viaggio nel tempo tra l’800 e i primi del ‘900 in cui vissero alcuni pensatori, allora rivoluzionari, del modo di fare scuola che hanno contribuito a definire un’idea dell’insegnamento denominato pedagogia attiva, che vede lo studente come il protagonista attivo del processo di apprendimento e non come destinatario passivo dell’azione dell’adulto – tra i più noti Jean Piaget, John Dewey, Adolphe Ferriere, Maria Montessori. Allo scopo di formare giovani uomini e donne che sappiano utilizzare la conoscenza e trasformarla in comportamento, gli studiosi hanno spostato il peso della bilancia dai contenuti alle persone:
- più un corso di formazione è orientato ai contenuti, più sono specializzati questi contenuti, più si tende a utilizzare metodi direttivi e trasmissivi (metodi con motivazioni esterne affiancate all’uso del premio e della punizione);
- più la formazione è orientata alle persone e più si parla di pratica, più si tende a utilizzare metodi attivi basati sul coinvolgimento degli alunni (metodi che suscitano una motivazione interna verso la conoscenza).
Ora, molti genitori, come Silvia del podcast AsinOlla, sentono di volere una scuola “con qualcosa in più” e, anche quando questo “qualcosa in più” non è chiaro e definito, a volte è una spinta emotiva e motivazionale forte, che porta alla disposizione verso il cambiamento.
I genitori delle due scuole AsinOlla e L’asilo nel bosco, nei rispettivi podcast, ci raccontano scuole che si basano su alcuni presupposti pedagogici: come l’educazione in natura e la pedagogia attiva o viva (come la definisce L’Asilo nel bosco).
Intanto che proseguiamo ad esplorare cosa sono e come si concretizzano queste pedagogie vive e attive, invito ad interrogarci se la pedagogia o la scuola possono anche essere passive o morte.
Lasciando sempre aperta la riflessione all’indagine individuale, definiamo i presupposti educativi della scuola attiva: una scuola non impostata sulle materie ma sugli alunni, non sull’ascolto passivo ma su attività di apprendimento, non sullo studio individuale ma sul lavoro di gruppo, non sul sapere codificato ma sugli interessi degli studenti, non sull’autorità ma sulla motivazione ad apprendere.
Le attività vere e proprie con cui si impara, in questa scuola, sono generalmente suddivise in 4 fasi:
- Esperienza concreta (faccio: ricerco, analizzo, costruisco, sperimento, creo, simulo, ecc.)
- Osservazione e riflessioni (ragiono in gruppo sulle possibili ipotesi)
- Formazione di concetti astratti (cerco e definisco “la convenzione” finale)
- Prova di concetto (provo e verifico la veridicità della “convenzione”)
La conoscenza scolastica, almeno qui in Italia, siamo ancora abituati a pensarla come un testo scritto che si trasforma in sapere e non come qualcosa di vivo, di cui fare esperienza. Com’è possibile, allora, imparare ponendo al centro le attività dell’alunno?
In realtà esistono dei metodi che ci permettono di fare scuola attraverso ciò che chiamiamo “apprendimento esperienziale” e sono ad esempio: giochi di simulazione e giochi di ruolo; il metodo socratico, basato sul rispetto dell’interlocutore e su domande e risposte che procede per confutazione, ossia per eliminazione successiva delle ipotesi contraddittorie o infondate; il metodo maieutico, in cui l’insegnante restituisce all’alunno le proprie domande, stimolando il pensiero creativo e la riflessione; tecniche di problem solving, in cui si propongono percorsi di ricerca senza pregiudicare una soluzione o possibili soluzioni, mettendo gli alunni in condizione di trovare in sé le chiavi dei problemi studiati e di autovalutarsi; l’analisi dei casi, attraverso l’osservazione o con l’ausilio di strumenti multimediali; la simulazione, attraverso l’utilizzo di varie forme di metodologie didattiche, basate sulle conoscenze esistenti, combinando esercizi progressivi e discussioni libere, lavoro sui contenuti con una riflessione sul coinvolgimento e partecipazione di ciascuno.
I metodi utilizzabili sono davvero tanti e sono applicabili a qualunque disciplina, dall’area linguistica a quella logico-matematica, a quella espressiva, educano la motivazione, il pensiero critico, la capacità di lavorare in gruppo e, in generale, lo sviluppo delle proprie potenzialità e competenze, senza rinunciare al sapere e alla conoscenza veri e propri.
Certo, scardinare un vecchio e consolidato sistema di credenze su come si debba studiare a scuola, per costruire un nuovo paradigma educativo, può essere difficile per qualcuno, come ci racconta Eliana nel podcast AsinOlla, mamma di Edoardo e di Miguel, di 7 anni e 4 anni:
“Sento di aver vissuto un grande processo trasformativo e vorrei spiegarti come l’ho vissuto: il tipo di infanzia che ho avuto, i miei studi, il mio sistema di credenze, il mio cuore, il mio stesso istinto, mi portavano ad essere certa del percorso che volevo che i miei figli facessero con AsinOlla, ma dentro di me mi sentivo molto vulnerabile. Stavo facendo la scelta corretta? Nel momento in cui i mei figli sarebbero dovuti entrare nel sistema formale ce l’avrebbero fatta? Quanto più avanti avrei potuto spostare il mio proteggerli da tutto quello che era il sistema strutturato esterno? Così, mi sono resa conto che nessuno poteva tirarmi fuori da questo stato di insicurezza e vulnerabilità, ma io (…) ho scelto la fiducia”.
“La trasformazione che è avvenuta, riassunta in due parole è un passaggio dall’io al noi: riuscire a cedere le proprie visioni assolute, per fare spazio al sentire dell’altro”.
Anche Federico, papà di Miranda, nel podcast l’Asilo nel bosco, testimonia l’esperienza vissuta:
“Tutto parte da Miranda, è una di quelle bambine che vuole fare tutto. Quando parli con lei, dice: ‘Io voglio fare tutti mestieri del mondo.’ (…) La mia preoccupazione era che, con il passare del tempo, man mano che cresceva e che incontrava le scuole primarie, questo tutto potesse diventare un nulla. Quando sono arrivato alla Piccola Polis ho scoperto un micro-mondo, all’interno del quale ci sono tantissime opportunità: (…) i bambini vengono accolti nell’esplorazione”.
“E la cosa particolare che quel micro-mondo di cui parlavo prima, nei racconti di Miranda diventa un mondo gigantesco. Quel tutto di cui avevo paura diventasse nulla, non è diventato assolutamente il nulla che temevo, anzi, piano piano, giorno dopo giorno, prende sempre più forma”.
Dalla paura alla fiducia, dalla punizione alla motivazione, dalla trasmissione all’esperienza, dal concetto alla conoscenza, dalla scuola passiva a quella attiva, dal dovere di studiare al piacere di imparare: vogliamo questo cambiamento?
Se la risposta è sì, possiamo contribuire a crearlo attraverso le nostre scelte, ad esempio, chiedendo se sono praticati metodi attivi in classe, quando partecipiamo agli open-day scolastici, oppure cercando una scuola per i nostri figli e le nostre figlie che abbia già adottato questo tipo di approccio pedagogico.
Per semplificare questa ricerca, noi edunauti abbiamo creato una mappa narrata – la Edumappa che sarà pubblicata a breve sul nostro sito – in cui, per trovare una scuola che pratica una didattica esperienziale e attiva, basta spuntare il relativo campo “didattica attiva laboratoriale” e indicare il nome della città in cui la state cercando.
Michela Calvelli
Ascolta i podcast:
ASINOLLA_A scuola con gli asini
L’ASILO NEL BOSCO_Insegnare senza pareti, giudizi, compiti e programmi