Di chi è la responsabilità di educare e crescere i bambini? Della famiglia? Della scuola? Della società?
Per educarli, poi, a che cosa? All’onestà? Al rispetto? Alla fiducia? Alla vita? Al conformismo? Alla paura? Alla performance? Alla sottomissione?
La responsabilità è tua, è mia, è nostra: spostarsi o cederla è come mancare all’appuntamento con la vita, con la morte, con noi stessi. Ci illudiamo di poter fuggire o evitare gli incontri con le ignote ombre che ci inseguono, solo perché non ammettiamo che ci appartengono. Noi che li mettiamo al mondo, noi che gli asciughiamo le lacrime, noi che custodiamo la tenerezza del loro sguardo fiducioso, noi che proiettiamo su di loro le nostre ansie e paure, noi che ci ergiamo a detentori della conoscenza per indicare loro la strada con orgoglio e presunzione. Noi, con i nostri difetti, ma anche con le nostre bellezze, noi, siamo noi tutti, io, tu, loro, i responsabili.
Ti lamenti o critichi la scuola? Tu sei responsabile di quella scuola.
Reclami contro questi giovani irrispettosi, irriverenti, incapaci? Tu sei responsabile di quei giovani.
Quando nasce, quando lo guardiamo crescere, si dipinge spontaneo un sorriso di fronte al troppo bello, troppo prezioso, troppo innocente, troppo puro, troppo incantevole … ma qualcosa si dilegua nell’ombra e forse, se guardiamo onestamente a fondo, ci scoviamo il timore di poterlo sciupare, rovinare, proiettando su di lui i nostri pasticci, i nostri irrisolti, le nostre paure.
Eppure, è possibile entrare nella propria fragilità, nella propria vulnerabilità, nella propria inadeguatezza, per uscirne spogli di tutto ciò che non siamo e rivestiti delle risposte che non sappiamo ancora offrire, ma di cui ci prenderemo cura e per le quali ci prepariamo, a costo di ritrovarci ancora con le ginocchia sbucciate, assieme a loro, i nostri bambini e le nostre bambine.
Nell’accettare la cura della bellezza che si presenta, nell’accogliere pienamente la tenerezza che si accende nel nostro cuore, troviamo la responsabilità di quelle stanze che solo noi possiamo predisporre con attenzione, affinché lui o lei possa scegliere di abitarle: fiducia, rispetto, collaborazione, salute, generosità, emozioni, conoscenza, consapevolezza, ecc…Prendiamo per mano quest’ombra che ci perseguita e smetteremo di lamentarci, di criticare, di stancarci per come vanno le cose. Trasformiamo l’ombra in amica e compagna di viaggio, chiamandola con il suo nome: responsabilità.
La responsabilità del nostro compito educativo, con cui è possibile costruire insieme tutte le tappe necessarie per arrivare a destinazione. La destinazione finale sarà forse la sorpresa più bella che vedremo sul volto del giovane uomo o della giovane donna quando ci mostreranno fieri chi sono, ma solo se insieme ci siamo presi cura del percorso, dei luoghi della crescita, delle scelte condivise, delle mete consapevoli, delle intenzioni comunicate, degli obiettivi definiti.
Se scelgo di insegnare a mia figlia delle buone abitudini alimentari perché abbia un corpo in salute, non posso riuscirci caricando di aspettative la piccola inconsapevole, pretendendo che lei smetta di chiedere il cioccolato, e incominci a domandarmi solo mele e spinaci, è ovvio. Però, a volte, nella frenesia quotidiana, ci dimentichiamo che educare non è pretendere, ma accompagnare: scorgo quell’ombra insidiosa che oscura la mia responsabilità. Allora con entusiasmo posso comunicare a mia figlia che voglio insegnarle le buone abitudini sul cibo, perché lei possa stare bene con il suo corpo. È necessario che anche lei scelga insieme a me di perseguire questo obiettivo, ottenere la sua collaborazione non può essere bypassato: l’alleanza si costruisce con loro e per loro, non su di loro. Lei è parte principale del processo, senza la sua motivazione e la sua collaborazione, il lavoro educativo diventa stancante, pieno di aspettative, la relazione infine si rovina. Se, invece, siamo insieme madre e figlia, padre e figlio, insegnante e alunni, nel momento in cui si presenta un ostacolo, come ad esempio la voglia irrefrenabile dell’ennesimo cioccolatino, siamo squadra, non uno contro l’altro, insieme diamo un nome alla difficoltà e insieme possiamo superarla, insieme ci ricordiamo dell’obiettivo, insieme manteniamo la direzione: “se senti fame possiamo saziarla con una banana o una mela”.
La scuola, la famiglia, i bambini e le bambine sono parte di un’unità e solo quando questo insieme è riconosciuto, rispettato, curato, allora è possibile educare. Insegnanti e genitori possono solo congiuntamente individuare le mete educative da proporre al bambino, alla bambina, al ragazzo o alla ragazza rispetto al suo momento di crescita.
Collaborare e definire le mete educative è più facile tenendo presenti cinque macro-categorie della vita, che sono anche loro parte di un tutt’uno e necessitano di essere tutte comprese nel processo di crescita:
- il corpo, con i suoi elementi indispensabili per un buon equilibrio, come l’attività fisica, l’alimentazione, la postura, la pulizia, il movimento, ecc. e di come possiamo migliorare questo aspetto per la buona crescita delle sue pargolette gambe;
- c’è la mente, la conoscenza, come funziona il mondo esterno, quello interiore delle emozioni, della psiche e possiamo individuare la grandezza di queste piccole menti rispetto alla gestione delle emozioni, alla libertà di scelta e così via;
- le relazioni, che comprendono ad esempio il sapere collaborare, ottenere la comprensione, spiegare all’altro i propri bisogni, possiamo prendercene cura come tele che tessono le nostre case psicologiche e sociali;
- l’ambiente, rispettarlo, utilizzare gli strumenti che ci offre, possiamo scegliere come abitare insieme gli spazi che ci ospitano;
- l’individuo nel suo esistere, nella sua consapevolezza di sé, del suo valore, nel suo essere presente a se stesso, per crescere infine uomini e donne integri.
Non è che all’‘educatore famiglia’ spetta, ad esempio, la cura del corpo e all’‘educatore scuola’ quella della mente: gli ambiti della vita sono interconnessi e a tutti spetta la cura di ciascuna categoria, che ci piaccia o meno.
Non è normale lamentarsi e la lagna non aiuta affatto a migliorare la situazione: questo lo sappiamo tutti! Allora riappropriamoci della responsabilità che ci compete, che ci fa sentire leggeri, che rende padroni del nostro potere di azione. Definire insieme quali sono le responsabilità di ciascuno nelle diverse aree della vita permette di procedere come un’unica grande rappresentazione di cura e di amore verso bambini, bambine, ragazzi e ragazze che possono così finalmente scegliere la via che li farà diventare uomini e donne maturi/e.
Nel podcast “Educare Waldorf” ascoltiamo che l’educazione “è un percorso che si sviluppa insieme”: genitori e insegnanti si interrogano su cosa sia meglio, su “come far emergere le capacità dei propri figli e alunni, senza violare la loro individualità”. Gli adulti si incoraggiano nel collaborare per l’educazione dei propri figli, figlie e alunni e, a questo scopo, sono organizzati colloqui personali a inizio percorso, in itinere e a fine percorso, in cui i più piccoli sono coinvolti. Dal racconto di Sabina, Diana, Francesca e Rossana si respira l’aria di una “grande palestra sociale”, in cui si rielaborano insieme i vissuti, i punti forti e le difficoltà, in modo che tutti possano crescere: sì, anche gli adulti, mettendosi in discussione e migliorandosi nel loro compito educativo.
Ci sono poi luoghi in cui l’apprendimento non è più impartito dall’alto, calato su pesanti piattaforme nozionistiche, ma è libero e scelto, la motivazione spontanea alla conoscenza dirige i bambini e le bambine verso l’esplorazione della stessa. La responsabilità è qui ampiamente riconosciuta anche al minore, è educata, dove all’adulto resta unicamente quella di proporre possibilità, offrire opportunità, mentre l’apprendimento diventa un mezzo per raggiungere gli obiettivi che il bambino o la bambina si pone. Così, nel podcast “Fuori dalla Scuola”, è la “sperimentazione educativa” a farla da padrone, dove “riflessioni, osservazioni, idee diverse sull’apprendimento e su ciò che sanno fare i bambini” sono il compito educativo di adulti che non si accontentano di sapere già tutto, ma scelgono di scoprire insieme ai propri figli e figlie strade ancora inesplorate o molto poco battute. Dove se apprendere è un istinto naturale dei bambini e delle bambine, la spontaneità e l’insolito sono sorprese che possono accadere tutti i giorni dell’anno.
Qualunque sia il modo con cui scegliamo di riappropriarci della nostra capacità di rispondere e agire, solo la responsabilità di un insieme potrà produrre quella crescita possibile grazie all’interazione di tutti gli elementi necessari per permettere al tenero virgulto di sbocciare in un bellissimo fiore: terra, aria, sole, acqua, amore.
Michela Calvelli
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Vi invitiamo a raccontarci nei commenti eventuali buone pratiche per cercare quel “noi” educativo o rafforzare il senso di responsabilità.
Ascolta i podcast:
FUORI DALLA SCUOLA_Come imparare in un luogo che non sia scuola
EDUCARE WALDORF_Quando i compiti educativi dei nostri tempi incontrano una pedagogia e una scuola