Tutte le storie degli Edunauti che stanno già plasmando il futuro dell'educazione e della formazione. In ogni episodio, condividiamo pensieri, racconti e intuizioni che toccano l'anima dell'educazione, offrendo nuove prospettive e profonde comprensioni.
L’ascolto diventa uno spazio di riflessione, dove le parole si trasformano in ponti che collegano esperienze, visioni e sogni.
Le difficoltà, le emozioni, le frustrazioni, le scelte, i si e i no, la tecnologia, l’immagine, l’identità, il carattere, la responsabilità, i compiti, lo studio, le lezioni, la didattica, la scuola, la famiglia… tutto cio’ che riguarda il compito educativo è raccontato partendo dalle difficoltà che si incontrano nel percorso, come occasioni per imparare attraverso i processi indagati e scoperti, dialogando con esperti che ci sono passati prima.
29/07/2021 02:00 Leggi la Trascrizione
Come possiamo davvero essere soddisfatti della scuola che abbiamo scelto per i nostri figli? Dipende solo dalla dea fortuna? Michela Calvelli dialoga con Emily Mignanelli
AUTORI: Michela Calvelli, Emily Mignanelli,ARGOMENTI: Competenze del ruolo educativo, Competenze, passioni e talenti, Condizioni d’apprendimento efficaci, Scegliere una scuola,
24/06/2021 02:00 Leggi la Trascrizione
Arriva il periodo degli open day: quale scuola scegliere? Quale sarà l’istituto migliore? Quali domande porre agli insegnanti? Michela Calvelli dialoga con Emily Mignanelli
AUTORI: Michela Calvelli, Emily Mignanelli,ARGOMENTI: Competenze del ruolo educativo, Competenze, passioni e talenti, Condizioni d’apprendimento efficaci, Scegliere una scuola,
00:00 MICHELA
Come scegliere una scuola? Quali sono gli indicatori di qualità? E quali elementi ci possono guidare nella nostra ricerca?
Educare, esperienze, relazione, casa, scuola, territorio, osservare, apprendere, crescere, pensieri, progetti, programmi, regole, ascoltare, domandare, ricercare, didattica, disciplina, bisogni, errori, curiosità, talenti, emozioni.
Sono Michela e questo è “Orizzonti Educativi”, il podcast che dialoga con chi l’educazione la vive per estrarre consapevolezza dall’esperienza. E oggi esploriamo il pensiero educativo e alcuni strumenti pratici suggeriti da Emily Mignanelli.
00:36 MICHELA
Emily deve il suo nome ad Emily Dickinson. Ama sentirsi integra, inventare, creare, progettare e scrivere cercando di raggiungere la migliore combinazione linguistica che tenga assieme verità ed emozione. Poi fa anche alcune cose nella vita, come la maestra, la pedagogista, collabora con l’università e con una casa editrice scolastica. Scrive libri, cura un blog e fa formazioni offrendo consulenze individuali e sostegno educativo per gruppi di genitori e nonni. Nel 2009 ha fondato “Lilliput”, un’associazione che si occupa di educazione attiva. Eccoci Emily, ben trovata!
01:11 EMILY
Ciao ciao Michela!
01:13 MICHELA
Ciao! Grazie per essere qui oggi con noi.
01:15 EMILY
Grazie a voi!
01:16 MICHELA
E oggi parleremo di come scegliere una scuola di cui essere soddisfatti, non una scuola perfetta, ma quella con cui sentiamo una certa sintonia, una risonanza sufficiente e, quando scegliamo una scuola per i nostri figli poi, tendenzialmente, vorremmo essere soddisfatti, ma spesso non sappiamo come raccogliere informazioni, quali domande porci, quali domande porre. Allora, oggi, insieme a te vorrei proprio attraversare questi elementi per accompagnare i genitori, ma anche gli insegnanti che ci ascoltano, ad organizzare quanto meglio possibile questo tipo di comunicazione, affinché alla fine siamo tutti soddisfatti. E vorrei iniziare ponendo, comunque in generale, una domanda a un genitore che ci sta ascoltando e chiedendogli: “Quali sono tre, quattro elementi più importanti per tuo figlio, per tua figlia e per la storia della famiglia nella scelta di una scuola#”, e per rispondere a questa domanda generale potrebbero venire in aiuto domande minori come: “Quali interessi ha mio figlio? Quali passioni? Quali caratteristiche potrebbero trovare riscontro in una scuola particolare, che potrebbe corrispondere a queste caratteristiche?” e se: “Per lui è meglio una scuola e un ambiente più strutturato?” oppure “Più aperto e laboratoriale? E perché?”. E se: “Per lui o lei è meglio un contesto di apprendimento più performante e competitivo piuttosto che uno con attenzioni al gruppo e alla collaborazione?”. E anche domande più pratiche: “Quanto sono disposto a percorrere ogni mattina per accompagnare mio figlio a scuola?”. E poi in Italia c’è anche da considerare il tema scuola pubblica, scuola privata e quindi giudizi o pregiudizi che uno ha sull’argomento. E per finire un altro elemento da tenere sempre in campo è anche quello di considerare il percorso passato del genitore, quanto questo può condizionare o meno nella scelta della scuola per il proprio figlio.
Ecco, una volta compresi questi punti Emily, che invito comunque a guardare da diverse angolature, è importante capire quali opportunità oggi abbiamo in Italia e quindi ti chiedo per favore di accompagnarci in una breve panoramica del mondo scuola, oggi.
03:31 EMILY
Allora, oggi il mondo scuola è veramente molto variegato. Abbiamo un menù pieno di tantissimi piatti e qui potremmo aprire veramente un grande capitolo, che non apriamo rispetto alla nascita della scuola, ma che sarebbe molto interessante per capire il valore che noi diamo alla scuola statale. Faccio un’attimo…
03:48 MICHELA
Potremmo fare un podcast su questo!
03:50 EMILY
Esatto! Faccio un attimo una digressione perché, effettivamente, io quando ho iniziato a affacciarmi al mondo della scuola, l’ho fatto prestissimo facendo un figlio a 19 anni, quindi chiedendomi: “Adesso dove lo mando?”. E sentivo una grande avversità, una forte avversità verso le scuole private, e ho cercato di capire da dove questa arrivasse, perché io fossi arrivata a costruire un certo tipo di pensiero. Da dove nascono le scuole private, perché nascono le scuole private, perché lo Stato si è preso la scuola in mano… quindi veramente ci sarebbe tanto da dire! Per cui sorpassiamo un attimo la questione storica dove dovremmo mettere prima le scuole religiose, ma mettiamo le statali. Oggi le scuole statali hanno all’interno tantissime sfaccettature diverse, da quelle che hanno un’impostazione fortemente tradizionale e con tradizionale intendo un’impostazione che non si è mai andata particolarmente a rinnovare, a rivedere: dove possiamo trovare degli spaccati un po’ da “Il romanzo d’un maestro” di De Amicis; a scuole che, invece, pur stando all’interno del panorama statale hanno all’interno delle sperimentazioni particolarmente all’avanguardia. Quindi, solitamente sono delle classi dove vengono portati avanti dei progetti particolari, dove viene messo al centro il bambino, dove viene messa al centro l’esperienza, dove si vanno a creare delle piccole azioni sovversive rispetto a quella che è la nostra idea della scuola statale come l’eliminazione dei voti, l’eliminazione dei libri di testo…Mi vengono in mente delle scuole che producono loro i libri di testo, quindi c’è veramente un po’ di tutto. E per cui la scuola statale, pur essendo quella che apparentemente è il contenitore più grande e l’incubatore maggiore di quelle che possono essere le offerte proposte, poi all’interno ha tante diversità, tante quante sono gli insegnanti. Perché di fatto quello che avviene nella scuola statale è che la grande differenza la fa la persona che porta avanti quella classe, che conduce quel piccolo gruppo. Poi ci sono le scuole, come dicevo, religiose. A volte ci sono delle scuole religiose che hanno uno stampo religioso in partenza, che si aprono, si affacciano verso altre opportunità. Per esempio conosco delle scuole che, nella facciata sono scuole religiose, quello che avviene dentro sono delle sperimentazioni pazzesche. Quindi, nonostante come pregiudizio molte persone ne stiano distanti, a volte io invito invece ad andare a chiedere, informarsi, perché possono nascondere dei piccoli tesori. E una volta tolte queste due che sono le maggiori, ci sono ovviamente le scuole private, che per numero tendono a essere più presenti, più ramificate, all’interno di quelle che sono delle metropoli, delle città grandi. Io vengo dalla provincia nelle Marche e qua scuole private ce ne sono veramente pochissime, le conti, bastano una mano per una provincia intera. Cosa che invece in una città, penso, come Milano, forse siano anche non solo diffuse, ma proprio accettate, riconosciute, completamente integrate nel panorama educativo. Qua da noi, queste sono scuole che, invece, ancora sono appannaggio di pochi eletti, anche magari persone che potrebbero permetterselo ne stanno alla larga perché portano con sé un pregiudizio sociale. Queste che sono le prime tre che saltano all’occhio, poi in realtà lasciano il passo a quelle che sono tutte le scuole emergenti, che in questo momento sono prevalentemente: scuole nei boschi, scuole parentali e piccole esperienze di homeschoolers, che sono genitori che si sono messi insieme e hanno deciso di provare a creare delle esperienze educative condivise. Allora le scuole nei boschi, che hanno una derivazione di quello che è tutto un filone di educazione in natura, di pedagogia del bosco, che deriva soprattutto al nord Europa e in Italia si sono ramificate con particolare intensità da quando è stato aperto l’asilo nel bosco di Ostia Antica, e quindi con tutta la loro diffusione e la loro comunicazione hanno aperto le porte a moltissime altre realtà. In realtà dietro la parola Asilo nel bosco poi non è che si cela, si nasconde un vero e proprio approccio, perché loro hanno la loro identità pedagogica, ma poi tutti quelli che hanno aperto ne hanno costruita una propria. Quindi a volte è difficile capire esattamente cosa avviene dentro queste scuole e bisognerebbe proprio andare, parlare, capire per cercare di cogliere l’essenza dell’identità di quel progetto e non lasciarsi attrarre come specchietto per le allodole da quello che può essere una parolina magica, che magari noi abbiamo riempito del nostro contenuto. Poi, dicevo, ci sono le scuole parentali. Le scuole parentali, in realtà, sono scuole aperte da insegnanti, da pedagogisti, da professionisti di solito dell’educazione, che sfruttano quella che è l’articolo 33 della Costituzione che permette ai genitori di prendere decisioni in merito all’educazione dei loro figli in ambito familiare, che però poi decidono di affidare l’educazione ad altre persone. Cioè io genitore mi avvalgo dell’articolo che mi permette di fare educazione parentale, ma poi non lo faccio perché non ne ho o le risorse o le energie o la voglia, e allora affido questo incarico, delego altre persone, professionisti a fare questo. C’è una conduzione comunitaria molto molto forte ed è questo che un po’ le identifica solitamente. Infatti, quando si sente parlare di scuole parentali, si sente parlare moltissimo di comunità educante, comunità educante, perché c’è questa grande alleanza tra insegnanti e genitori, che insieme lavorano per la costruzione di una nuova scuola, nel riconoscimento reciproco dei ruoli e nella necessità reciproca di una collaborazione, un dialogo, anche molto attivo; non solo parliamo dell’educazione, ma c’è da pitturare la scuola, chi lo fa. Poi, dicevo, ci sono i gruppi degli homeschoolers, i gruppi degli homeschoolers sono genitori che aprono piccole realtà, solitamente… Allora sia nella prima, seconda, ma anche in questa terza categoria, moltissimi sono dei gruppi informali. Quindi è anche difficile poi trovarli, riconoscerli, perché in qualità di gruppi informali tendono un po’ a vagare nell’ombra. Non sono ufficializzati, non fanno pubblicità e quindi magari li scopri per il passaparola. I gruppi degli homeschoolers sono genitori che spesso utilizzano proprio questa formula del gruppo informale, quindi non hanno un’associazione, nessuna struttura formale alle spalle, amministrativa, e sono dei gruppi di genitori che condividono l’importanza di fare homeschooling e quindi prendere in carico la responsabilità scolastica dell’istruzione dei loro figli, ma poi rendendosi magari conto, credendo nell’importanza comunque di una socializzazione, creano dei piccoli consorzi, dove i bambini riescono a stare con altri bambini e i genitori sono gli insegnanti dei bambini a turno. Questo di solito lo fanno o in strutture, non di fortuna, però delle strutture itineranti, quindi stanno un giorno da una parte, un giorno da un’altra. Quindi non hanno un vero proprio spazio fisico o, se ce l’hanno, a volte potrebbe essere la casa di qualcuno che magari mette a disposizione uno spazio. Quindi sono delle scuole non scuole, però esistono anche queste ed è importante sapere di cosa stiamo parlando in modo tale che uno riesce, ecco, ad orientarsi meglio, perché io mi rendo conto che un genitore che oggi si avvicina a una scuola che fuoriesce dalla prima tipologia di quelle più riconosciute, come dicevo la scuola statale, le scuole private e le scuole religiose, poi tutto quello che sta dall’altra parte è all’interno di un grande calderone, non si capisce cos’è, cosa non è, come funziona… Però ha le sue sottocategorie, ecco.
11:28 MICHELA
Grazie Emily! Tra l’altro molte di queste realtà che tu citi, stanno cercando in qualche modo di organizzare delle loro reti di riferimento. E come reti intendo anche poi dopo canali di comunicazione quali possono essere pagine Facebook, siti internet. Certo c’è un bel ricercare per chi si vuole approcciare. Tant’è vero che appunto poi trovare queste scuole non è così semplice, per chi vuole cercare un’educazione alternativa a quella tradizionale, ma anche trovare, capire quali sperimentazioni sono in atto dentro le scuole che tu all’inizio hai citato, pubbliche o private o religiose, veramente è complesso. In realtà, rispetto a tanti anni fa, siamo molto avvantaggiati noi genitori, da un certo punto di vista, perché una volta non esisteva neanche un elenco delle scuole e sto parlando di una volta, ma di 50-60 anni fa, forse un po’ di più, però non tanto di più. Adesso, invece, on-line il Ministero ha pubblicato questo sito cercalatuascuola.istruzione.it dove puoi individuare intorno a te quali sono le scuole pubbliche o private che ci sono, e sono pubblicati spesso i POF, che sono però illeggibili forse, almeno, per i non addetti ai lavori ed è molto difficile decifrarli. Quindi chiedo a te di accompagnarci a dei criteri di ricerca che tu puoi, nella tua esperienza, ritenere anche snelli e semplici, per un genitore che vuole consapevolmente ricercare e sceglie una scuola che sia in linea con i propri valori. Quali opportunità ho di ricerca? Come e cosa raccogliere nel vasto mondo on-line e off-line che oggi abbiamo? Grazie.
13:02 EMILY
Si, allora questa è una domanda molto interessante, perché effettivamente al grande numero di esperienze educative che ci sono non corrisponde una fluidità nel riuscire a trovarle, nel riuscire ad orientarsi per cogliere informazioni. Per riuscire ad avere informazioni credo che dovremmo un po’ dividere tra le informazioni formali e le informali, e alcune sono un po’ a metà, in bilico. Le formali, come hai detto tu, ci sono ecco i siti istituzionali, c’è anche questa opportunità del Ministero di riuscire a trovare la scuola e ci sono i vari siti degli istituti scolastici con tutti i documenti, però, effettivamente, quelli sono degli strumenti che sono un po’ ostili a una reale comprensione, perché poi tu lì hai delle informazioni molto formali, delle informazioni molto di facciata, delle informazioni molto di struttura, okey, però di fatto non hai nessuna idea di come tutte quelle parole vengono messe in pratica. È come dire: “È vero le scuole statali si devono rifare alle indicazioni nazionali per il curricolo che è un testo meraviglioso, il testo più poetico che c’è, che veramente bisognerebbe cospargere di oli profumati tutte le persone che l’hanno scritto e ringraziarle all’infinito. Ed è il testo che per legge le insegnanti dovrebbero conoscere e rispettare”. Quindi, così anche i POF che tu hai citato, che adesso mi sembra che si chiamino PTOF, tipo come si chiamava quel personaggio su Topolino che metteva… C’è il PTOF che è il Piano Triennale dell’Offerta Formativa che non viene poi redatto neanche da tutti gli insegnanti. Quindi non è davvero la misura di quello che avviene in una scuola, adesso un attimo per dare delle indicazioni a chi ascolta perché magari io e te ci stiamo capendo. Lo Stato, il Ministero ha eliminato i programmi e quando ha eliminato i programmi ha detto: “Ok, però noi dobbiamo dare delle linee guida e quindi creiamo queste Indicazioni Nazionali Per Il Curricolo per la fascia della scuola dell’infanzia, la scuola primaria di primo e secondo grado, quindi le elementari e le medie, dicendo quelli che sono gli obiettivi e le competenze da raggiungere al termine della terza elementare, della quinta elementare, e della terza media”. E quando loro hanno prodotto questo testo che era quello di cui parlavo prima, entusiasmante, bellissimo, poetico, romantico, dici sì voglio esattamente questa scuola, hanno poi creato la legge sull’autonomia scolastica dicendo: “Allora, cari istituti, cari insegnanti, questo è quello che noi diciamo che voi dovete riuscire a raggiungere. Poi ognuno di voi, ogni vostro istituto può declinare questo tipo di obiettivo finale in delle pratiche specifiche che ben si accordano con la vostra visione, col vostro modo di procedere, quindi siete liberi, siate creativi!”. Allora, che succede poi? Che all’interno dell’Istituto nasce il comitato di quelli che scrivono il PTOF. È un documento molto formale dove, ecco, vengono riprese le indicazioni ministeriali, viene dichiarato come loro intendono l’offerta formativa, per i vari livelli, quelli che sono i progetti in corso. Però, io credo che nessun genitore davvero se lo vada a leggere per scegliere una scuola. E o anche se lo andasse a leggere, non credo che sceglierebbe la scuola per quello che c’è scritto lì. Quello è un documento più formale che altro. Se io dovessi guardare qualcosa all’interno di quello che è un sito istituzionale, il sito di un istituto scolastico, andrei a cercare “Il patto di corresponsabilità con le famiglie” e i progetti passati che hanno fatto, con la documentazione che hanno prodotto. Alcune scuole, dove c’è veramente un lavoro importante, hanno proprio il piacere a mostrare quello che fanno, ma è anche ovvio che sia così. Se io faccio qualcosa di alta qualità, di alto valore, che mi piace, in cui credo, io non vedo l’ora di mostrarlo. E quindi andando a spulciare nei siti si trovano tutti questi vecchi progetti che loro hanno realizzato con le foto dei lavori, le foto dei bambini, le descrizioni delle narrazioni… e il patto di corresponsabilità dove viene dichiarato cosa gli insegnanti si impegnano a fare rispetto ai genitori e cosa chiedono ai genitori. E lì quindi avete un po’ la misura di quella che è l’idea di un’alleanza educativa, o di una distanza tra due mondi che si incontrano sulla porta e poi a un colloquio ogni tanto. Poi, invece, dal punto di vista informale noi possiamo avere come documentazioni quelli che sono: i commenti, le condivisioni e le opinioni degli altri e delle persone che magari hanno frequentato quella scuola, o che stanno in quella scuola, informazioni che io prenderei sempre molto, molto, molto con le pinze, perché della stessa scuola, della stessa esperienza c’è sempre chi ne racconterà di storie meravigliose, chi invece cercherà di distruggere tutto. Perché questo poi risponde a quella che è una dinamica personale, familiare. Ogni volta che noi mandiamo un figlio a scuola abbiamo un’attivazione psichica antica, perché stiamo ritornando noi nel nostro flashback di quando andavamo a scuola, stiamo andando noi a rivedere in quell’insegnante le nostre figure di riferimento, il valore che diamo all’autorità, il valore che diamo alla disciplina, cioè ricadiamo in quella che è un’ottica di ideologie molto personali e di vissuti che hanno costruito quelle ideologie. E poi, nel mezzo tra le fonti formali e quelle informali ci sono quelle che stanno un po’ in bilico, a metà ci sono quelle che sono le pagine social. Le pagine social non sono proprio, proprio formali, non sono proprio, proprio informali, però c’è quella via di mezzo e lì si trovano tante informazioni. Perché nelle pagine social, che sono Instagram, che sono Facebook, principalmente queste due utilizzano le scuole, voi andate un po’ a toccare con mano cosa succede in quella scuola.
18:57 MICHELA
Grazie Emily! Quale genitore non vorrebbe diventare una mosca per vedere cosa succede quando i propri figli sono a scuola! E per chi volesse approfondire ancora questi argomenti: quindi le diverse opportunità e i filoni educativi oggi presenti nel panorama italiano, sia a livello pubblico, che privato, che delle scuole emergenti, sul sito di Edunauta, edunauta.it, da novembre 2021, sarà pubblicata una mappa completa narrata delle reti educative oggi presenti nel panorama italiano con una spiegazione semplice e concisa dei diversi metodi e approcci applicati.
Voglio anticipare però qui alcune di queste reti su cui è possibile fare un pochettino di ricerca.
A livello pubblico, ad esempio, abbiamo la rete delle Scuole Senza Zaino, il cui ideatore, si ispira alla pedagogia Montessoriana e al costruttivismo, per creare un approccio sperimentale all’interno della scuola pubblica, e possiamo trovare maggiori informazioni su www.senzazaino.it dove c’è anche l’elenco delle scuole che aderiscono alla rete.
A livello, invece, privato e religioso abbiamo, ad esempio, la rete dei salesiani per la scuola, oggi in molto casi sono noti per la qualità didattica e l’attenzione educativa, e su di loro possiamo approfondire sul sito www.cnos-scuola.it
E infine, per le scuole emergenti, abbiamo ad esempio gli asili nel bosco che ha citato anche Emily, dove sul sito www.asilonelbosco.com si trova una mappa dei diversi asili aderenti alla rete, con i contatti e i nomi dei referenti per poter approfondire singolarmente poi l’orientamento pedagogico e didattico di quello eventualmente più vicino a casa nostra, come giustamente ci suggeriva Emily.
20:43 MICHELA
Quindi, cosa aspetti ancora? Conoscere è il primo passo per poter scegliere davvero. E ora hai a disposizione sia una mappa del panorama italiano che alcune indicazioni chiare per saperne un po’ di più. Puoi scegliere anche di approfondire a partire dai social, dai siti delle scuole a te più vicine, oppure andare a curiosare nelle reti delle scuole sperimentali. Così conoscendo un po’ di più, poi è possibile scegliere meglio.
E voglio condividere infine un libro, che ha scritto Emily e che mi è piaciuto molto, e si intitola “Hundreds of Buddhas. Viaggio intorno al mondo alla ricerca di nuovi paradigmi educativi”, dove Emily racconta in modo divertente e anche appassionato la sua esperienza all’interno di diverse scuole, tra le più particolari e innovative, da est a ovest del mondo. Quindi viaggiando dall’India agli Stati Uniti, intreccia un’esperienza di vita ed una riflessione sul tema dell’istruzione e dell’educazione. Quindi, un libro molto interessante ma anche che commuove oltre a informare, facendoci fare il giro del mondo in scuole dagli approcci diversissimi, dove possiamo veramente aprire interessanti orizzonti su cosa vuol dire educare ed essere genitore. Ecco, Emily, vuoi aggiungere qualcosa? Qualche altro suggerimento?
22:00 EMILY
No, penso che ne abbiamo dati parecchi, e già se si riuscisse in tutti questi… Ringrazio tanto i genitori che si stanno mettendo in discussione, perché è grazie a ogni genitore che si informa, ogni genitore che cerca qualcosa di diverso, che davvero possiamo insieme cambiare il panorama educativo. Cioè, senza i genitori la scuola non cambierebbe mai.
22:21 MICHELA
Grazie Emily, grazie davvero per tutti questi spunti, per questo bellissimo dialogo.
22:25 EMILY
Grazie a te!
22:27 MICHELA
Nel prossimo episodio approfondiremo con Emily alcuni suggerimenti e possibilità per trarre il meglio dagli incontri tra scuola e famiglia. Per continuare ad esplorare insieme a noi gli orizzonti della relazione educativa con i prossimi episodi su www.edunauta.it, un progetto di Generas Foundation, post produzione audio di Erazero.
01/06/2021 02:00 Leggi la Trascrizione
00:00 MICHELA
Come scegliere una scuola? Quali sono gli indicatori di qualità? E quali elementi ci possono guidare nella nostra ricerca?
Educare, esperienze, relazione, casa, scuola, territorio, osservare, apprendere, crescere, pensieri, progetti, programmi, regole, ascoltare, domandare, ricercare, didattica, disciplina, bisogni, errori, curiosità, talenti, emozioni.
Sono Michela e questo è “Orizzonti Educativi”, il podcast che dialoga con chi l’educazione la vive per estrarre consapevolezza dall’esperienza. E oggi esploriamo il pensiero educativo e alcuni strumenti pratici suggeriti da Emily Mignanelli.
00:36 MICHELA
Emily deve il suo nome ad Emily Dickinson. Ama sentirsi integra, inventare, creare, progettare e scrivere cercando di raggiungere la migliore combinazione linguistica che tenga assieme verità ed emozione. Poi fa anche alcune cose nella vita, come la maestra, la pedagogista, collabora con l’università e con una casa editrice scolastica. Scrive libri, cura un blog e fa formazioni offrendo consulenze individuali e sostegno educativo per gruppi di genitori e nonni. Nel 2009 ha fondato “Lilliput”, un’associazione che si occupa di educazione attiva. Eccoci Emily, ben trovata!
01:11 EMILY
Ciao ciao Michela!
01:13 MICHELA
Ciao! Grazie per essere qui oggi con noi.
01:15 EMILY
Grazie a voi!
01:16 MICHELA
E oggi parleremo di come scegliere una scuola di cui essere soddisfatti, non una scuola perfetta, ma quella con cui sentiamo una certa sintonia, una risonanza sufficiente e, quando scegliamo una scuola per i nostri figli poi, tendenzialmente, vorremmo essere soddisfatti, ma spesso non sappiamo come raccogliere informazioni, quali domande porci, quali domande porre. Allora, oggi, insieme a te vorrei proprio attraversare questi elementi per accompagnare i genitori, ma anche gli insegnanti che ci ascoltano, ad organizzare quanto meglio possibile questo tipo di comunicazione, affinché alla fine siamo tutti soddisfatti. E vorrei iniziare ponendo, comunque in generale, una domanda a un genitore che ci sta ascoltando e chiedendogli: “Quali sono tre, quattro elementi più importanti per tuo figlio, per tua figlia e per la storia della famiglia nella scelta di una scuola#”, e per rispondere a questa domanda generale potrebbero venire in aiuto domande minori come: “Quali interessi ha mio figlio? Quali passioni? Quali caratteristiche potrebbero trovare riscontro in una scuola particolare, che potrebbe corrispondere a queste caratteristiche?” e se: “Per lui è meglio una scuola e un ambiente più strutturato?” oppure “Più aperto e laboratoriale? E perché?”. E se: “Per lui o lei è meglio un contesto di apprendimento più performante e competitivo piuttosto che uno con attenzioni al gruppo e alla collaborazione?”. E anche domande più pratiche: “Quanto sono disposto a percorrere ogni mattina per accompagnare mio figlio a scuola?”. E poi in Italia c’è anche da considerare il tema scuola pubblica, scuola privata e quindi giudizi o pregiudizi che uno ha sull’argomento. E per finire un altro elemento da tenere sempre in campo è anche quello di considerare il percorso passato del genitore, quanto questo può condizionare o meno nella scelta della scuola per il proprio figlio.
Ecco, una volta compresi questi punti Emily, che invito comunque a guardare da diverse angolature, è importante capire quali opportunità oggi abbiamo in Italia e quindi ti chiedo per favore di accompagnarci in una breve panoramica del mondo scuola, oggi.
03:31 EMILY
Allora, oggi il mondo scuola è veramente molto variegato. Abbiamo un menù pieno di tantissimi piatti e qui potremmo aprire veramente un grande capitolo, che non apriamo rispetto alla nascita della scuola, ma che sarebbe molto interessante per capire il valore che noi diamo alla scuola statale. Faccio un’attimo…
03:48 MICHELA
Potremmo fare un podcast su questo!
03:50 EMILY
Esatto! Faccio un attimo una digressione perché, effettivamente, io quando ho iniziato a affacciarmi al mondo della scuola, l’ho fatto prestissimo facendo un figlio a 19 anni, quindi chiedendomi: “Adesso dove lo mando?”. E sentivo una grande avversità, una forte avversità verso le scuole private, e ho cercato di capire da dove questa arrivasse, perché io fossi arrivata a costruire un certo tipo di pensiero. Da dove nascono le scuole private, perché nascono le scuole private, perché lo Stato si è preso la scuola in mano… quindi veramente ci sarebbe tanto da dire! Per cui sorpassiamo un attimo la questione storica dove dovremmo mettere prima le scuole religiose, ma mettiamo le statali. Oggi le scuole statali hanno all’interno tantissime sfaccettature diverse, da quelle che hanno un’impostazione fortemente tradizionale e con tradizionale intendo un’impostazione che non si è mai andata particolarmente a rinnovare, a rivedere: dove possiamo trovare degli spaccati un po’ da “Il romanzo d’un maestro” di De Amicis; a scuole che, invece, pur stando all’interno del panorama statale hanno all’interno delle sperimentazioni particolarmente all’avanguardia. Quindi, solitamente sono delle classi dove vengono portati avanti dei progetti particolari, dove viene messo al centro il bambino, dove viene messa al centro l’esperienza, dove si vanno a creare delle piccole azioni sovversive rispetto a quella che è la nostra idea della scuola statale come l’eliminazione dei voti, l’eliminazione dei libri di testo…Mi vengono in mente delle scuole che producono loro i libri di testo, quindi c’è veramente un po’ di tutto. E per cui la scuola statale, pur essendo quella che apparentemente è il contenitore più grande e l’incubatore maggiore di quelle che possono essere le offerte proposte, poi all’interno ha tante diversità, tante quante sono gli insegnanti. Perché di fatto quello che avviene nella scuola statale è che la grande differenza la fa la persona che porta avanti quella classe, che conduce quel piccolo gruppo. Poi ci sono le scuole, come dicevo, religiose. A volte ci sono delle scuole religiose che hanno uno stampo religioso in partenza, che si aprono, si affacciano verso altre opportunità. Per esempio conosco delle scuole che, nella facciata sono scuole religiose, quello che avviene dentro sono delle sperimentazioni pazzesche. Quindi, nonostante come pregiudizio molte persone ne stiano distanti, a volte io invito invece ad andare a chiedere, informarsi, perché possono nascondere dei piccoli tesori. E una volta tolte queste due che sono le maggiori, ci sono ovviamente le scuole private, che per numero tendono a essere più presenti, più ramificate, all’interno di quelle che sono delle metropoli, delle città grandi. Io vengo dalla provincia nelle Marche e qua scuole private ce ne sono veramente pochissime, le conti, bastano una mano per una provincia intera. Cosa che invece in una città, penso, come Milano, forse siano anche non solo diffuse, ma proprio accettate, riconosciute, completamente integrate nel panorama educativo. Qua da noi, queste sono scuole che, invece, ancora sono appannaggio di pochi eletti, anche magari persone che potrebbero permetterselo ne stanno alla larga perché portano con sé un pregiudizio sociale. Queste che sono le prime tre che saltano all’occhio, poi in realtà lasciano il passo a quelle che sono tutte le scuole emergenti, che in questo momento sono prevalentemente: scuole nei boschi, scuole parentali e piccole esperienze di homeschoolers, che sono genitori che si sono messi insieme e hanno deciso di provare a creare delle esperienze educative condivise. Allora le scuole nei boschi, che hanno una derivazione di quello che è tutto un filone di educazione in natura, di pedagogia del bosco, che deriva soprattutto al nord Europa e in Italia si sono ramificate con particolare intensità da quando è stato aperto l’asilo nel bosco di Ostia Antica, e quindi con tutta la loro diffusione e la loro comunicazione hanno aperto le porte a moltissime altre realtà. In realtà dietro la parola Asilo nel bosco poi non è che si cela, si nasconde un vero e proprio approccio, perché loro hanno la loro identità pedagogica, ma poi tutti quelli che hanno aperto ne hanno costruita una propria. Quindi a volte è difficile capire esattamente cosa avviene dentro queste scuole e bisognerebbe proprio andare, parlare, capire per cercare di cogliere l’essenza dell’identità di quel progetto e non lasciarsi attrarre come specchietto per le allodole da quello che può essere una parolina magica, che magari noi abbiamo riempito del nostro contenuto. Poi, dicevo, ci sono le scuole parentali. Le scuole parentali, in realtà, sono scuole aperte da insegnanti, da pedagogisti, da professionisti di solito dell’educazione, che sfruttano quella che è l’articolo 33 della Costituzione che permette ai genitori di prendere decisioni in merito all’educazione dei loro figli in ambito familiare, che però poi decidono di affidare l’educazione ad altre persone. Cioè io genitore mi avvalgo dell’articolo che mi permette di fare educazione parentale, ma poi non lo faccio perché non ne ho o le risorse o le energie o la voglia, e allora affido questo incarico, delego altre persone, professionisti a fare questo. C’è una conduzione comunitaria molto molto forte ed è questo che un po’ le identifica solitamente. Infatti, quando si sente parlare di scuole parentali, si sente parlare moltissimo di comunità educante, comunità educante, perché c’è questa grande alleanza tra insegnanti e genitori, che insieme lavorano per la costruzione di una nuova scuola, nel riconoscimento reciproco dei ruoli e nella necessità reciproca di una collaborazione, un dialogo, anche molto attivo; non solo parliamo dell’educazione, ma c’è da pitturare la scuola, chi lo fa. Poi, dicevo, ci sono i gruppi degli homeschoolers, i gruppi degli homeschoolers sono genitori che aprono piccole realtà, solitamente… Allora sia nella prima, seconda, ma anche in questa terza categoria, moltissimi sono dei gruppi informali. Quindi è anche difficile poi trovarli, riconoscerli, perché in qualità di gruppi informali tendono un po’ a vagare nell’ombra. Non sono ufficializzati, non fanno pubblicità e quindi magari li scopri per il passaparola. I gruppi degli homeschoolers sono genitori che spesso utilizzano proprio questa formula del gruppo informale, quindi non hanno un’associazione, nessuna struttura formale alle spalle, amministrativa, e sono dei gruppi di genitori che condividono l’importanza di fare homeschooling e quindi prendere in carico la responsabilità scolastica dell’istruzione dei loro figli, ma poi rendendosi magari conto, credendo nell’importanza comunque di una socializzazione, creano dei piccoli consorzi, dove i bambini riescono a stare con altri bambini e i genitori sono gli insegnanti dei bambini a turno. Questo di solito lo fanno o in strutture, non di fortuna, però delle strutture itineranti, quindi stanno un giorno da una parte, un giorno da un’altra. Quindi non hanno un vero proprio spazio fisico o, se ce l’hanno, a volte potrebbe essere la casa di qualcuno che magari mette a disposizione uno spazio. Quindi sono delle scuole non scuole, però esistono anche queste ed è importante sapere di cosa stiamo parlando in modo tale che uno riesce, ecco, ad orientarsi meglio, perché io mi rendo conto che un genitore che oggi si avvicina a una scuola che fuoriesce dalla prima tipologia di quelle più riconosciute, come dicevo la scuola statale, le scuole private e le scuole religiose, poi tutto quello che sta dall’altra parte è all’interno di un grande calderone, non si capisce cos’è, cosa non è, come funziona… Però ha le sue sottocategorie, ecco.
11:28 MICHELA
Grazie Emily! Tra l’altro molte di queste realtà che tu citi, stanno cercando in qualche modo di organizzare delle loro reti di riferimento. E come reti intendo anche poi dopo canali di comunicazione quali possono essere pagine Facebook, siti internet. Certo c’è un bel ricercare per chi si vuole approcciare. Tant’è vero che appunto poi trovare queste scuole non è così semplice, per chi vuole cercare un’educazione alternativa a quella tradizionale, ma anche trovare, capire quali sperimentazioni sono in atto dentro le scuole che tu all’inizio hai citato, pubbliche o private o religiose, veramente è complesso. In realtà, rispetto a tanti anni fa, siamo molto avvantaggiati noi genitori, da un certo punto di vista, perché una volta non esisteva neanche un elenco delle scuole e sto parlando di una volta, ma di 50-60 anni fa, forse un po’ di più, però non tanto di più. Adesso, invece, on-line il Ministero ha pubblicato questo sito cercalatuascuola.istruzione.it dove puoi individuare intorno a te quali sono le scuole pubbliche o private che ci sono, e sono pubblicati spesso i POF, che sono però illeggibili forse, almeno, per i non addetti ai lavori ed è molto difficile decifrarli. Quindi chiedo a te di accompagnarci a dei criteri di ricerca che tu puoi, nella tua esperienza, ritenere anche snelli e semplici, per un genitore che vuole consapevolmente ricercare e sceglie una scuola che sia in linea con i propri valori. Quali opportunità ho di ricerca? Come e cosa raccogliere nel vasto mondo on-line e off-line che oggi abbiamo? Grazie.
13:02 EMILY
Si, allora questa è una domanda molto interessante, perché effettivamente al grande numero di esperienze educative che ci sono non corrisponde una fluidità nel riuscire a trovarle, nel riuscire ad orientarsi per cogliere informazioni. Per riuscire ad avere informazioni credo che dovremmo un po’ dividere tra le informazioni formali e le informali, e alcune sono un po’ a metà, in bilico. Le formali, come hai detto tu, ci sono ecco i siti istituzionali, c’è anche questa opportunità del Ministero di riuscire a trovare la scuola e ci sono i vari siti degli istituti scolastici con tutti i documenti, però, effettivamente, quelli sono degli strumenti che sono un po’ ostili a una reale comprensione, perché poi tu lì hai delle informazioni molto formali, delle informazioni molto di facciata, delle informazioni molto di struttura, okey, però di fatto non hai nessuna idea di come tutte quelle parole vengono messe in pratica. È come dire: “È vero le scuole statali si devono rifare alle indicazioni nazionali per il curricolo che è un testo meraviglioso, il testo più poetico che c’è, che veramente bisognerebbe cospargere di oli profumati tutte le persone che l’hanno scritto e ringraziarle all’infinito. Ed è il testo che per legge le insegnanti dovrebbero conoscere e rispettare”. Quindi, così anche i POF che tu hai citato, che adesso mi sembra che si chiamino PTOF, tipo come si chiamava quel personaggio su Topolino che metteva… C’è il PTOF che è il Piano Triennale dell’Offerta Formativa che non viene poi redatto neanche da tutti gli insegnanti. Quindi non è davvero la misura di quello che avviene in una scuola, adesso un attimo per dare delle indicazioni a chi ascolta perché magari io e te ci stiamo capendo. Lo Stato, il Ministero ha eliminato i programmi e quando ha eliminato i programmi ha detto: “Ok, però noi dobbiamo dare delle linee guida e quindi creiamo queste Indicazioni Nazionali Per Il Curricolo per la fascia della scuola dell’infanzia, la scuola primaria di primo e secondo grado, quindi le elementari e le medie, dicendo quelli che sono gli obiettivi e le competenze da raggiungere al termine della terza elementare, della quinta elementare, e della terza media”. E quando loro hanno prodotto questo testo che era quello di cui parlavo prima, entusiasmante, bellissimo, poetico, romantico, dici sì voglio esattamente questa scuola, hanno poi creato la legge sull’autonomia scolastica dicendo: “Allora, cari istituti, cari insegnanti, questo è quello che noi diciamo che voi dovete riuscire a raggiungere. Poi ognuno di voi, ogni vostro istituto può declinare questo tipo di obiettivo finale in delle pratiche specifiche che ben si accordano con la vostra visione, col vostro modo di procedere, quindi siete liberi, siate creativi!”. Allora, che succede poi? Che all’interno dell’Istituto nasce il comitato di quelli che scrivono il PTOF. È un documento molto formale dove, ecco, vengono riprese le indicazioni ministeriali, viene dichiarato come loro intendono l’offerta formativa, per i vari livelli, quelli che sono i progetti in corso. Però, io credo che nessun genitore davvero se lo vada a leggere per scegliere una scuola. E o anche se lo andasse a leggere, non credo che sceglierebbe la scuola per quello che c’è scritto lì. Quello è un documento più formale che altro. Se io dovessi guardare qualcosa all’interno di quello che è un sito istituzionale, il sito di un istituto scolastico, andrei a cercare “Il patto di corresponsabilità con le famiglie” e i progetti passati che hanno fatto, con la documentazione che hanno prodotto. Alcune scuole, dove c’è veramente un lavoro importante, hanno proprio il piacere a mostrare quello che fanno, ma è anche ovvio che sia così. Se io faccio qualcosa di alta qualità, di alto valore, che mi piace, in cui credo, io non vedo l’ora di mostrarlo. E quindi andando a spulciare nei siti si trovano tutti questi vecchi progetti che loro hanno realizzato con le foto dei lavori, le foto dei bambini, le descrizioni delle narrazioni… e il patto di corresponsabilità dove viene dichiarato cosa gli insegnanti si impegnano a fare rispetto ai genitori e cosa chiedono ai genitori. E lì quindi avete un po’ la misura di quella che è l’idea di un’alleanza educativa, o di una distanza tra due mondi che si incontrano sulla porta e poi a un colloquio ogni tanto. Poi, invece, dal punto di vista informale noi possiamo avere come documentazioni quelli che sono: i commenti, le condivisioni e le opinioni degli altri e delle persone che magari hanno frequentato quella scuola, o che stanno in quella scuola, informazioni che io prenderei sempre molto, molto, molto con le pinze, perché della stessa scuola, della stessa esperienza c’è sempre chi ne racconterà di storie meravigliose, chi invece cercherà di distruggere tutto. Perché questo poi risponde a quella che è una dinamica personale, familiare. Ogni volta che noi mandiamo un figlio a scuola abbiamo un’attivazione psichica antica, perché stiamo ritornando noi nel nostro flashback di quando andavamo a scuola, stiamo andando noi a rivedere in quell’insegnante le nostre figure di riferimento, il valore che diamo all’autorità, il valore che diamo alla disciplina, cioè ricadiamo in quella che è un’ottica di ideologie molto personali e di vissuti che hanno costruito quelle ideologie. E poi, nel mezzo tra le fonti formali e quelle informali ci sono quelle che stanno un po’ in bilico, a metà ci sono quelle che sono le pagine social. Le pagine social non sono proprio, proprio formali, non sono proprio, proprio informali, però c’è quella via di mezzo e lì si trovano tante informazioni. Perché nelle pagine social, che sono Instagram, che sono Facebook, principalmente queste due utilizzano le scuole, voi andate un po’ a toccare con mano cosa succede in quella scuola.
18:57 MICHELA
Grazie Emily! Quale genitore non vorrebbe diventare una mosca per vedere cosa succede quando i propri figli sono a scuola! E per chi volesse approfondire ancora questi argomenti: quindi le diverse opportunità e i filoni educativi oggi presenti nel panorama italiano, sia a livello pubblico, che privato, che delle scuole emergenti, sul sito di Edunauta, edunauta.it, da novembre 2021, sarà pubblicata una mappa completa narrata delle reti educative oggi presenti nel panorama italiano con una spiegazione semplice e concisa dei diversi metodi e approcci applicati.
Voglio anticipare però qui alcune di queste reti su cui è possibile fare un pochettino di ricerca.
A livello pubblico, ad esempio, abbiamo la rete delle Scuole Senza Zaino, il cui ideatore, si ispira alla pedagogia Montessoriana e al costruttivismo, per creare un approccio sperimentale all’interno della scuola pubblica, e possiamo trovare maggiori informazioni su www.senzazaino.it dove c’è anche l’elenco delle scuole che aderiscono alla rete.
A livello, invece, privato e religioso abbiamo, ad esempio, la rete dei salesiani per la scuola, oggi in molto casi sono noti per la qualità didattica e l’attenzione educativa, e su di loro possiamo approfondire sul sito www.cnos-scuola.it
E infine, per le scuole emergenti, abbiamo ad esempio gli asili nel bosco che ha citato anche Emily, dove sul sito www.asilonelbosco.com si trova una mappa dei diversi asili aderenti alla rete, con i contatti e i nomi dei referenti per poter approfondire singolarmente poi l’orientamento pedagogico e didattico di quello eventualmente più vicino a casa nostra, come giustamente ci suggeriva Emily.
20:43 MICHELA
Quindi, cosa aspetti ancora? Conoscere è il primo passo per poter scegliere davvero. E ora hai a disposizione sia una mappa del panorama italiano che alcune indicazioni chiare per saperne un po’ di più. Puoi scegliere anche di approfondire a partire dai social, dai siti delle scuole a te più vicine, oppure andare a curiosare nelle reti delle scuole sperimentali. Così conoscendo un po’ di più, poi è possibile scegliere meglio.
E voglio condividere infine un libro, che ha scritto Emily e che mi è piaciuto molto, e si intitola “Hundreds of Buddhas. Viaggio intorno al mondo alla ricerca di nuovi paradigmi educativi”, dove Emily racconta in modo divertente e anche appassionato la sua esperienza all’interno di diverse scuole, tra le più particolari e innovative, da est a ovest del mondo. Quindi viaggiando dall’India agli Stati Uniti, intreccia un’esperienza di vita ed una riflessione sul tema dell’istruzione e dell’educazione. Quindi, un libro molto interessante ma anche che commuove oltre a informare, facendoci fare il giro del mondo in scuole dagli approcci diversissimi, dove possiamo veramente aprire interessanti orizzonti su cosa vuol dire educare ed essere genitore. Ecco, Emily, vuoi aggiungere qualcosa? Qualche altro suggerimento?
22:00 EMILY
No, penso che ne abbiamo dati parecchi, e già se si riuscisse in tutti questi… Ringrazio tanto i genitori che si stanno mettendo in discussione, perché è grazie a ogni genitore che si informa, ogni genitore che cerca qualcosa di diverso, che davvero possiamo insieme cambiare il panorama educativo. Cioè, senza i genitori la scuola non cambierebbe mai.
22:21 MICHELA
Grazie Emily, grazie davvero per tutti questi spunti, per questo bellissimo dialogo.
22:25 EMILY
Grazie a te!
22:27 MICHELA
Nel prossimo episodio approfondiremo con Emily alcuni suggerimenti e possibilità per trarre il meglio dagli incontri tra scuola e famiglia. Per continuare ad esplorare insieme a noi gli orizzonti della relazione educativa con i prossimi episodi su www.edunauta.it, un progetto di Generas Foundation, post produzione audio di Erazero.
Come scegliere una scuola? Quali sono gli indicatori di qualità? Quali elementi ci possono guidare nella nostra ricerca? Michela Calvelli dialoga con Emily Mignanelli
AUTORI: Michela Calvelli, Emily Mignanelli,ARGOMENTI: Competenze del ruolo educativo, Competenze, passioni e talenti, Condizioni d’apprendimento efficaci, Scegliere una scuola,
00:00 MICHELA
Come accompagnare i bambini a conquistare la fiducia in se stessi? E quali opportunità possiamo offrigli per raggiungere questa meta?
Educare, esperienze, relazione, casa, scuola, territorio, osservare, apprendere, crescere, pensieri, progetti, programmi, regole, ascoltare, domandare, ricercare, didattica, disciplina, bisogni, errori, curiosità, talenti, emozioni.
Sono Michela e questo è Orizzonti Educativi, il podcast che dialoga con chi l’educazione la vive, per estrarre consapevolezza dall’esperienza. Oggi esploriamo lo sguardo educativo e alcuni strumenti pratici suggeriti da Jacopo Mele.
00:37 MICHELA
Jacopo Mele, ha 27 anni ed è uno dei grandi innovatori del nostro tempo. Fa il Digital Life Coach ed è inserito da Forbes come uno dei 30 under 30 più influenti nella politica europea e tra i 5 under 30 dell’enterprise technology italiana. Jacopo, tra le altre cose, ha ideato Aurora Experience, un programma dedicato agli under 21, che nasce proprio grazie alla collaborazione di un’ampia rete di organizzazioni di primo piano, per permettere ai giovani di esprimere il loro potenziale. Ma di questo parleremo più avanti… Ora, diamo il benvenuto a Jacopo, che, cresciuto in un ambiente famigliare in cui ha potuto sviluppare la fiducia in se stesso, oggi ci accompagna ad esplorare come educare a credere in se stessi.
01:21 JACOPO
Grazie mille Michela. Buongiorno!
01:24 MICHELA
Ciao Jacopo e benvenuto! Abbiamo concluso il precedente podcast con te sul tema della fiducia nella relazione educativa, accennando ad un ostacolo che può compromettere la nostra intenzione di fiducia: che è la paura. Sappiamo che i bambini, per credere in se stessi, hanno bisogno di adulti che prima hanno creduto in loro, ma che cosa succede quando un adulto che vorrebbe dare fiducia, si accorge di non riuscirci. E sensazioni come ansia, paura, insicurezza, prendono il sopravvento. Quali possono essere i passaggi, secondo te, per sbloccarsi?
01:56 JACOPO
Credo che ci siano tanti strumenti, dipende dal livello di paura che hai, che ti possono aiutare. E chiedere aiuto a qualcun’altro all’esterno può essere d’aiuto e ci sono tanti professionisti che possono aiutare in questo, e io non sono uno di questi. Quindi non credo di avere la risposta giusta, posso portare un’esperienza personale. Però se uno ne parla con lo psicoterapeuta più vicino a casa sua magari può essere d’aiuto, perché la psicoterapia non è solo quella per chi ha disturbi ossessivi compulsivi o disturbi di personalità o psicosi varie, e così via… Nel senso, non c’è da stigmatizzare il confronto con uno psicoterapeuta, e anche per delle cose che possono sembrare banali per qualcuno, in realtà per altri sono difficili. Se è difficile chiedi consiglio.
02:43 MICHELA
Ottimo suggerimento intanto! Chiedi aiuto….
02:49 JACOPO
Quindi chiedi aiuto. Dopodiché posso portare un po’ di esperienza mia personale, però tutti quelli con cui mi confronto mi riportano questo feedback: che io sono liquido, un po’ come l’acqua davanti ad un ostacolo, quindi ogni tanto ho queste paure anch’io, però durano tra i 2 secondi e i 3 secondi. Quindi, quando ci sono le riconosco e agisco subito. Quello che faccio sono esercizi di respirazione, ma non servono grandi esercizi complessi di respirazione, però già semplicemente ascoltando il proprio respiro e prendere qualche respiro è cosa buona e giusta. Poi ci sono mille modi per respirare, però fermatevi un attimo, respirate un attimo e capisci se quella paura ti sta limitando o invece è un’opportunità. E spesso un limite è un’opportunità, e spesso serve semplicemente di ricalibrarsi e mettersi sulla propria centratura. Quando mi capita, io pratico degli esercizi di respirazione. E mi ricordo che alle scuole elementari io avevo paura di chiedere dei consigli, perché io sono dislessico e mio padre scrive un articolo di giornale al giorno, ha pubblicato più libri di quanti sono i miei anni di età, quindi puoi ben capire quando la tua maestra dice, quando reciti una poesia: “Tuo padre si vergognerebbe in questo momento ascoltandoti”, capito? Me lo diceva la prima volta, e vabbè, la seconda volta… “Ma vabbè a mio padre gli vado bene così.” Quella è la libertà dei genitori che è stata una fortuna non indifferente per la mia dislessia, perché mi sono concentrato sulle cose dove riuscivo bene, non sulle cose dove non riuscivo e dove riuscivo male. E quindi avevo un po’ quella paura. Poi, quando scopri che il mondo esterno ti accoglie, perché devo avere paura? Lo faccio leggere a mio padre, quello che si vergognerebbe di me, secondo la mia maestra… Quando sblocchi questa cosa, lo provi un po’ di volte, poi secondo me diventi liquido. Quindi quando ero piccolo ne avevo tante di queste paure. Poi ho scoperto che è davvero così semplice. Quindi prima lo fai e meglio è. Prima ti dai quella fiducia in te stesso che ti apre verso il mondo… Ma ora stiamo aprendo un argomento troppo ampio.
05:12 MICHELA
Veramente, amplissimo! Però grazie intanto, perché… i tuoi suggerimenti, seppur dici di forse non essere la persona più adatta, però risuonano anche molto nella mia esperienza, sicuramente quello del respiro e, anzi, ci sono anche proprio delle tecniche di respiro che ti possono accompagnare nel farlo. Ma posso chiederti Jacopo, perché secondo me qui il tema della fiducia c’entra, poi magari mi sbaglio. Ma perché hai iniziato a non andare più a scuola a 8/9 anni?
05:38 JACOPO
Sì, perché c’era un mondo bellissimo da esplorare, da guardare, fuori dalla scuola. Sono riuscito sempre a cavarmela, non ho mai perso un anno. Io sono un ciclista e il ciclismo ti porta a esplorare cosa c’è intorno a te…
05:51 MICHELA
La scuola non ti permetteva di esplorare davvero quello che tu stavi cercando di esplorare…
05:56 JACOPO
Esatto, esatto, esatto. Io giravo per i paesini intorno al mio, magari in bicicletta conoscevo i commercianti, aiutavo i commercianti, li facilitavo in alcune commesse, potevano contare su di me, e gli risolvevo piccoli problemi, e così via…
06:13 MICHELA
Senti, ma tu hai scritto anche delle righe di codice quando eri così bambino, oltre ad andare in bicicletta, ti piaceva anche esplorare il mondo digitale, o sbaglio?
06:21 JACOPO
Si, si si, si… Mi piaceva esplorare e basta! La bicicletta è uno dei modi con cui ho esplorato tantissimo e la bicicletta ti dà tanto perché ti allena ad essere bilanciato, perché se fai 50 km ad andare, devi sapere che devi fare 50 km a tornare, e devi essere responsabile di quei 50 km di ritorno perché non è che puoi chiamare qualcuno e dici: “Ehi, mi vieni a prendere?”. E poi mi sono affacciato alle materie più scientifiche, mi sono affacciato alla programmazione, ho iniziato a programmare perché mio fratello Mario, il primo, programmava e quindi per emulare il fratello maggiore ho iniziato a programmare. Mi è piaciuto, ho iniziato a fare siti, e poi ho fatto tante altre cose pensando di volerla fare per tutta la vita. Ogni volta che ho iniziato a fare qualcosa ho pensato di farla per tutta la vita e poi quella passione mi ha portato a scoprire nuove cose. E ora ho capito che ogni passione ti porta a scoprire nuove cose, dove tu ti dedichi al 100%. E poi tutta questa grande moltiplicazione di passioni ti porta semplicemente, profondamente indietro a comprendere qual è la tua vocazione. Nel senso, pensavo di fare il programmatore per tutta la vita, poi pensavo di fare il grafico per tutta la vita, pensavo di fare il montatore video, poi pensavo di fare il videomaker, poi pensavo di fare il produttore, poi pensavo di fare il consulente di marketing. Tutte queste cose le ho fatte, nel senso, ho prodotto 50 video musicali… e così via… Quindi portate al massimo di quella che era la mia passione, okey, fin quando mi ha portato a scoprire qualcosa che ha superato la precedente. E poi tutte queste le guardi, le guardi, le guardi dopo anni di libertà nello sperimentare e capisci che in fondo fai le stesse cose, tutto c’ha un filo conduttore delle stesse cose di quel bambino di 4 anni, di 5 anni, di 6 che allaccia i lacci ai compagni di classe, che dà il tempo per uscire da scuola a tutti i compagni di classe perché era quello che sapeva leggere l’orologio, che aiuta i commercianti nel risolvere i vari problemi, che aiuta gli amici e i compagni di classe a risolvere i disguidi quando si buca il pallone e così via… Poi capisci che sembra che hai fatto così tanto, così lontano in realtà ti riconduce sempre di più alla tua vocazione più profonda che in realtà ti ricorda quando avevi 4, 5, 6 anni.
08:45 MICHELA
Fantastica quest’immagine, un tutt’uno: ora, prima, adesso, dopo, domani. Sta tutto insieme, in un unico. Sì è questa la sensazione che mi dà ascoltandoti.
08:57 JACOPO
E l’ho capito non pensando di fare una cosa per tutta la vita e obbligandomi a farla per tutta la vita. Questo credo sia un tema fondamentale, per conoscerci, per esplorarsi.
09:10 MICHELA
Sì, davvero, ascoltandoti mi ritorna quell’aggettivo che hai usato all’inizio liquido. Liquido, non rigido, fluido, una vita che scorre. E se proviamo a immaginare una scuola basata sulla fiducia dove c’è, forse, uno spazio anche per questi ingredienti di esplorazione e di compiti di realtà, oggi alcuni insegnanti stanno provando a fare la differenza nella scuola, ad aprirla, a rendere i bambini i veri protagonisti dell’esperienza scolastica. Sarebbe veramente bello immaginarcela così. Secondo te quali primi passi potrebbe fare un insegnante, che ci sta ascoltando e dicesse: “Vorrei proprio, consegnare questa fiducia ai miei ragazzi, ai miei alunni, ai miei bambini, per aiutarli a scoprire i loro talenti”, ecco. Cosa potrebbe iniziare a fare?
10:00 JACOPO
Forse… Fai domande estremamente complesse per non avermele anticipate Michela, ti considero davvero una brutta persona…
10:09 MICHELA
Grazie, lo ritengo un complimento!
10:13 JACOPO
Grazie mille!
10:15 MICHELA
È la fiducia che mi ha spinto così, a farti queste domande…
10:19 JACOPO
Ti ringrazio. Credo che un primo esercizio possa essere guardare la fotografia della propria classe e chiedersi a quali ragazzi non stai dando sufficientemente fiducia, perché è normale: se ci sono due ragazzi, a uno gli dai più fiducia e a uno meno, è normale. Tutto è così. Se c’hai due persone che collaborano con te, uno performa meglio, uno peggio. È normale. È chiaro, se li compari, e nella comparazione c’è questo, c’è un giudizio, che dovrebbe essere tolto, in questo caso, questo giudizio. Però comparando allora mi chiedo a chi stai dando un po’ meno fiducia e perché gli stai dando meno fiducia. Se c’hai delle assumption che diventano dei pregiudizi e ti chiedi come puoi metterli in discussione, se ci sono altre ipotesi. E un’altra cosa, magari, aiutando e facilitando i ragazzi, non a fare solo quello che sembra che sappiano fare, nel senso non dicendogli che sono proprio bravi a fare quello che sono bravi a fare, ma facendoli esplorare un po’ di più. Noi siamo nati per esplorare, siamo nati per esplorare, interiorizzare e condividere e farlo il più velocemente possibile. Rischiamo di inculcare ai ragazzi a 7/8 anni che non sanno fare delle cose o che sanno fare delle cose.
11:47 MICHELA
È tutta una questione di dove uno assetta lo standard mentalmente, no, quel pregiudizio forse anche un piccolo viaggio interiore di onestà con sé stessi…
11:56 JACOPO
Eh certo. Quindi settarsi delle aspettative è una cosa che può generare dei danni, anche molto durevoli. I maestri le sanno queste cose, le sanno e non hanno bisogno di riascoltarle da me, ma provare ad applicarle e a superare, a respirare, respirando, a superare quelle loro paure. Quindi, quello che possiamo consigliargli è fare degli esercizi insieme nel visualizzare la classe e dire: “Come posso dare più fiducia a chi proprio non gliela riesco a dare quella fiducia?”. Come posso generare più eventi casuali positivi? Perché il talento è qualcosa di distribuito in modo equo, Michela, in giro per il mondo, le opportunità no. E quindi i maestri e i professori cosa dovrebbero fare? Dovrebbero generare più eventi casuali positivi, perché se un talento incontra un talento casuale negativo, sta lì, frena, sta fermo. Se incontro un evento casuale positivo ha la possibilità di raddoppiare. Gliene offri 10, e tra i dieci ne trovi due su cui è capace, però gliene devi offrire 10, gli devi dare fiducia nell’offrirgliene 10. Non devi dargliene due e dire: “No, non è andato. Eh va beh… Basta…”
13:06 MICHELA
Credo che la fatica grande sia riuscire a farlo dentro una struttura istituzionale che invece non è per niente liquida e flessibile, ma è molto rigida. Invece tu, con Fondazione Homo Ex Machina hai proprio messo in piedi delle opportunità per questi ragazzi, proprio basate sulla fiducia e sull’occasione che loro possono avere per tirar fuori i loro talenti. Ci puoi raccontare così semplicemente, brevemente, un esempio significativo di queste opportunità che offri?
13:37 JACOPO
Sì, con Fondazione Homo Ex Machina quest’anno abbiamo co-fondato Aurora. E Aurora è il voler mettere insieme tutte quelle che sono buone pratiche metodologiche sull’imprenditorialità giovanile. Mettere insieme da chi? Da 30 organizzazioni che si occupano di imprenditorialità giovanile da 100 anni. Chi se ne occupa da 100, chi da 40, e chi da 20 anni e sono lungo il Mediterraneo e lungo tutta Europa. Fondazione Homo Ex Machina l’abbiamo co-fondata qualche annetto fa, per creare programmi di orientamento e formazione per under 25. Così abbiamo costruito “Summer School” per bambini dai 6 e 10 anni, su come rafforzare la loro struttura emotiva. È così che abbiamo costruito contest per ispirare, far conquistare nuovi punti di riferimento per ragazzi dai 6 ai 18 anni, è così che abbiamo costruito programmi di mentorship bidirezionale trasversale su temi lontani dai ragazzi, per ragazzi tra i 15 e i 25 anni. E allora abbiamo detto: uniamo le nostre competenze a tante sorelle, cugine, fondazioni che sono in giro per l’Europa e lungo il Mediterraneo. Facciamo un programma unito e unico che si chiama Aurora e facciamolo dedicato ai ragazzi under 20, e facciamolo con l’obiettivo di allenarli a valicare nuovi limiti in modo continuo, prendono scelte lungimiranti in modo frequente. Scelte lungimiranti vuol dire scelte durevoli. E proprio per questo abbiamo deciso di farlo per gli under 20, perché quando hai 16, 17, 18, 19, 20 anni prendi le scelte più durevoli per la tua vita, le prendi in modo frequente e sono le prime grandi scelte della tua vita. Quindi è il contesto naturale dove allenarti a fare questo. E come li alleniamo questi ragazzi? Offriamogli un’opportunità, creiamogli un contesto che non è rigido, come magari un’istituzione accademica, dove ci sono gli esami e dove c’è il training. Il training vuol dire che devi fare matematica 1, matematica 2, matematica 3. Invece da noi c’è il tutoring, ci interessa che esca fuori Michela ed esca il 100% di Michela. E come generiamo opportunità casuali positive a Michela di 19 anni? Lo facciamo perché mettiamo in connessione Michela con 500 leader di industrie che sono in giro per il mondo, noi li chiamiamo Wizard. Per il 60% provengono dalle industrie d’avanguardia, le industrie d’avanguardia sono quelle che creeranno qualcosa di dirompente nella nostra società tra 10 anni o più. Ne faccio alcuni esempi: brain computer interface, smartasd, esoscheletri, stampa di tessuti organici, aerei che volano da soli. Il 20% di questi leader di industria invece provengono dalle industrie attuali e l’altro 20% da filosofia e management. Professionisti che allenano i ragazzi di Aurora a definire ipotesi, a validarle, ad allenare il pensiero critico, a creare team e a creare la fiducia all’interno di un team, a costruire un prodotto e guidarlo nel mercato. Il confronto con il Wizard è un confronto che ha l’obiettivo di allenare la plasticità del cervello dei ragazzi. E poi diamo 10.000 euro, 10.000 euro a fondo perduto per fare esperienze che noi definiamo trasformative, per fare tutte quelle esperienze che fai a 40 e dici: “Ah, averle fatte a 20!”, ma a vent’anni nessuno mi dava 10.000 euro, e nessuno mi dava la libertà di farle, di sperimentare. Che sia la creazione di un piccolo prodotto, o che sia di un’esperienza che mira ad aumentare la tua consapevolezza. E poi offriamo un programma di coaching su tre anni dove trimestralmente ci assicuriamo che i ragazzi crescano bilanciando le loro sfide con le loro competenze, così da evitare che si annoino se hanno troppe competenze rispetto alle sfide, o che vadano in burnout se hanno troppe sfide rispetto alle competenze. Il nostro obiettivo è che siano nel flow, poi qualsiasi cosa facciano: gli estetisti, gli esteti o il primo violino alla scala o quelli che lanciano lo shuttle nello spazio. Sono loro: oggi fanno violino, domani lanciano lo shuttle. Non possiamo avere la pretesa di dire fai questo, fai questo, fai questo, possiamo avere l’ambizione di farli crescere nel flow e di generargli opportunità, che in alcuni casi loro coglieranno. Questa è Aurora e per accedere ad Aurora, dato che non crediamo nella selezione, però abbiamo delle risorse limitate, abbiamo capito che possiamo sostenere con questo programma 100 ragazzi l’anno. E per individuare questi ragazzi abbiamo costruito un processo di selezione / formazione, che si chiama Aurora Experience. L’Aurora Experience si compone di tre grandi sfide, sono tre prove pratiche, proprio per aumentare la consapevolezza dei candidati, aumentare la loro capacità di allenarsi a conquistare nuovi punti di riferimento. Ma questo lo facciamo solo perché crediamo che per rendere qualcuno autonomo, lo devi abilitare anche a rigenerarsi in modo continuo, e quindi facilitiamo l’accesso agli strumenti che servono poi a rigenerarti in modo continuo.
18:57 MICHELA
Fantastico! Che ricchezza! Non ch’io voglia tornare indietro negli anni, ma se mi dovesse capitare così, accidentalmente, di incontrare una macchina del tempo, mi piacerebbe partecipare a uno di questi programmi di sicuro, perché credo che, davvero, sia un’opportunità enorme per questi ragazzi per fare dei passi grandi, che raramente la vita in un’unica situazione ti offre l’occasione di sperimentarti. Senti chiudiamo con un piccolissimo suggerimento che possiamo dare a un genitore che ci sta ascoltando e che da domani mattina vuole mettere in pratica un pochettino più di fiducia. Si sveglia e dice: “Okey, una piccola azione che posso fare per mettere un po’ più di fiducia nella mia vita di genitore, quindi nella relazione con i miei figli…”.
19:45 JACOPO
Mi rifaccio al suggerimento che abbiamo dato agli insegnanti. Però, se vogliamo aggiungere qualcosa al suggerimento dato agli insegnanti, io semplicemente ci passerei del tempo in più, del tempo di qualità, del tempo nelle loro attività, non nelle attività che ho detto io di fare, nelle loro attività. E indagherei su quali sono le loro attività e proverei a domandarmi come abilitarlo a nuove attività che lui vuole sperimentare, che non siano frutto delle mie aspettative.
20:19 MICHELA
Grazie Jacopo per aver tracciato con noi una rotta per navigare con fiducia nel complesso mondo dell’educazione.
20:28 JACOPO
Grazie mille Michela!
20:29 MICHELA
E poi se vogliamo scoprire le opportunità che offri ai giovani per esprimersi nei loro talenti, consegnandogli la tua fiducia con iniziative come Aurora, appunto, che hai descritto, oppure Tecnopia, dove citando una frase dal tuo sito dici: “Il percorso predefinito non esiste. Ognuno ha un talento da coltivare e la nostra missione è fornire tutti gli strumenti, le opportunità e gli incontri per farlo germogliare”. Ecco, il sito dove puoi trovare tutto questo è www.medium.com/hexma scritto H-E-X-M-A. E allora, che dire, buona fiduciosa navigazione.
21:05 JACOPO
Grazie Michela!
21:08 MICHELA
Potete continuare ad esplorare insieme a noi gli orizzonti della relazione educativa con i prossimi episodi su www.edunauta.it. Un progetto di Generas Foundation, post- produzione e audio di Erazero.
06/04/2021 02:00 Leggi la Trascrizione
00:00 MICHELA
Come accompagnare i bambini a conquistare la fiducia in se stessi? E quali opportunità possiamo offrigli per raggiungere questa meta?
Educare, esperienze, relazione, casa, scuola, territorio, osservare, apprendere, crescere, pensieri, progetti, programmi, regole, ascoltare, domandare, ricercare, didattica, disciplina, bisogni, errori, curiosità, talenti, emozioni.
Sono Michela e questo è Orizzonti Educativi, il podcast che dialoga con chi l’educazione la vive, per estrarre consapevolezza dall’esperienza. Oggi esploriamo lo sguardo educativo e alcuni strumenti pratici suggeriti da Jacopo Mele.
00:37 MICHELA
Jacopo Mele, ha 27 anni ed è uno dei grandi innovatori del nostro tempo. Fa il Digital Life Coach ed è inserito da Forbes come uno dei 30 under 30 più influenti nella politica europea e tra i 5 under 30 dell’enterprise technology italiana. Jacopo, tra le altre cose, ha ideato Aurora Experience, un programma dedicato agli under 21, che nasce proprio grazie alla collaborazione di un’ampia rete di organizzazioni di primo piano, per permettere ai giovani di esprimere il loro potenziale. Ma di questo parleremo più avanti… Ora, diamo il benvenuto a Jacopo, che, cresciuto in un ambiente famigliare in cui ha potuto sviluppare la fiducia in se stesso, oggi ci accompagna ad esplorare come educare a credere in se stessi.
01:21 JACOPO
Grazie mille Michela. Buongiorno!
01:24 MICHELA
Ciao Jacopo e benvenuto! Abbiamo concluso il precedente podcast con te sul tema della fiducia nella relazione educativa, accennando ad un ostacolo che può compromettere la nostra intenzione di fiducia: che è la paura. Sappiamo che i bambini, per credere in se stessi, hanno bisogno di adulti che prima hanno creduto in loro, ma che cosa succede quando un adulto che vorrebbe dare fiducia, si accorge di non riuscirci. E sensazioni come ansia, paura, insicurezza, prendono il sopravvento. Quali possono essere i passaggi, secondo te, per sbloccarsi?
01:56 JACOPO
Credo che ci siano tanti strumenti, dipende dal livello di paura che hai, che ti possono aiutare. E chiedere aiuto a qualcun’altro all’esterno può essere d’aiuto e ci sono tanti professionisti che possono aiutare in questo, e io non sono uno di questi. Quindi non credo di avere la risposta giusta, posso portare un’esperienza personale. Però se uno ne parla con lo psicoterapeuta più vicino a casa sua magari può essere d’aiuto, perché la psicoterapia non è solo quella per chi ha disturbi ossessivi compulsivi o disturbi di personalità o psicosi varie, e così via… Nel senso, non c’è da stigmatizzare il confronto con uno psicoterapeuta, e anche per delle cose che possono sembrare banali per qualcuno, in realtà per altri sono difficili. Se è difficile chiedi consiglio.
02:43 MICHELA
Ottimo suggerimento intanto! Chiedi aiuto….
02:49 JACOPO
Quindi chiedi aiuto. Dopodiché posso portare un po’ di esperienza mia personale, però tutti quelli con cui mi confronto mi riportano questo feedback: che io sono liquido, un po’ come l’acqua davanti ad un ostacolo, quindi ogni tanto ho queste paure anch’io, però durano tra i 2 secondi e i 3 secondi. Quindi, quando ci sono le riconosco e agisco subito. Quello che faccio sono esercizi di respirazione, ma non servono grandi esercizi complessi di respirazione, però già semplicemente ascoltando il proprio respiro e prendere qualche respiro è cosa buona e giusta. Poi ci sono mille modi per respirare, però fermatevi un attimo, respirate un attimo e capisci se quella paura ti sta limitando o invece è un’opportunità. E spesso un limite è un’opportunità, e spesso serve semplicemente di ricalibrarsi e mettersi sulla propria centratura. Quando mi capita, io pratico degli esercizi di respirazione. E mi ricordo che alle scuole elementari io avevo paura di chiedere dei consigli, perché io sono dislessico e mio padre scrive un articolo di giornale al giorno, ha pubblicato più libri di quanti sono i miei anni di età, quindi puoi ben capire quando la tua maestra dice, quando reciti una poesia: “Tuo padre si vergognerebbe in questo momento ascoltandoti”, capito? Me lo diceva la prima volta, e vabbè, la seconda volta… “Ma vabbè a mio padre gli vado bene così.” Quella è la libertà dei genitori che è stata una fortuna non indifferente per la mia dislessia, perché mi sono concentrato sulle cose dove riuscivo bene, non sulle cose dove non riuscivo e dove riuscivo male. E quindi avevo un po’ quella paura. Poi, quando scopri che il mondo esterno ti accoglie, perché devo avere paura? Lo faccio leggere a mio padre, quello che si vergognerebbe di me, secondo la mia maestra… Quando sblocchi questa cosa, lo provi un po’ di volte, poi secondo me diventi liquido. Quindi quando ero piccolo ne avevo tante di queste paure. Poi ho scoperto che è davvero così semplice. Quindi prima lo fai e meglio è. Prima ti dai quella fiducia in te stesso che ti apre verso il mondo… Ma ora stiamo aprendo un argomento troppo ampio.
05:12 MICHELA
Veramente, amplissimo! Però grazie intanto, perché… i tuoi suggerimenti, seppur dici di forse non essere la persona più adatta, però risuonano anche molto nella mia esperienza, sicuramente quello del respiro e, anzi, ci sono anche proprio delle tecniche di respiro che ti possono accompagnare nel farlo. Ma posso chiederti Jacopo, perché secondo me qui il tema della fiducia c’entra, poi magari mi sbaglio. Ma perché hai iniziato a non andare più a scuola a 8/9 anni?
05:38 JACOPO
Sì, perché c’era un mondo bellissimo da esplorare, da guardare, fuori dalla scuola. Sono riuscito sempre a cavarmela, non ho mai perso un anno. Io sono un ciclista e il ciclismo ti porta a esplorare cosa c’è intorno a te…
05:51 MICHELA
La scuola non ti permetteva di esplorare davvero quello che tu stavi cercando di esplorare…
05:56 JACOPO
Esatto, esatto, esatto. Io giravo per i paesini intorno al mio, magari in bicicletta conoscevo i commercianti, aiutavo i commercianti, li facilitavo in alcune commesse, potevano contare su di me, e gli risolvevo piccoli problemi, e così via…
06:13 MICHELA
Senti, ma tu hai scritto anche delle righe di codice quando eri così bambino, oltre ad andare in bicicletta, ti piaceva anche esplorare il mondo digitale, o sbaglio?
06:21 JACOPO
Si, si si, si… Mi piaceva esplorare e basta! La bicicletta è uno dei modi con cui ho esplorato tantissimo e la bicicletta ti dà tanto perché ti allena ad essere bilanciato, perché se fai 50 km ad andare, devi sapere che devi fare 50 km a tornare, e devi essere responsabile di quei 50 km di ritorno perché non è che puoi chiamare qualcuno e dici: “Ehi, mi vieni a prendere?”. E poi mi sono affacciato alle materie più scientifiche, mi sono affacciato alla programmazione, ho iniziato a programmare perché mio fratello Mario, il primo, programmava e quindi per emulare il fratello maggiore ho iniziato a programmare. Mi è piaciuto, ho iniziato a fare siti, e poi ho fatto tante altre cose pensando di volerla fare per tutta la vita. Ogni volta che ho iniziato a fare qualcosa ho pensato di farla per tutta la vita e poi quella passione mi ha portato a scoprire nuove cose. E ora ho capito che ogni passione ti porta a scoprire nuove cose, dove tu ti dedichi al 100%. E poi tutta questa grande moltiplicazione di passioni ti porta semplicemente, profondamente indietro a comprendere qual è la tua vocazione. Nel senso, pensavo di fare il programmatore per tutta la vita, poi pensavo di fare il grafico per tutta la vita, pensavo di fare il montatore video, poi pensavo di fare il videomaker, poi pensavo di fare il produttore, poi pensavo di fare il consulente di marketing. Tutte queste cose le ho fatte, nel senso, ho prodotto 50 video musicali… e così via… Quindi portate al massimo di quella che era la mia passione, okey, fin quando mi ha portato a scoprire qualcosa che ha superato la precedente. E poi tutte queste le guardi, le guardi, le guardi dopo anni di libertà nello sperimentare e capisci che in fondo fai le stesse cose, tutto c’ha un filo conduttore delle stesse cose di quel bambino di 4 anni, di 5 anni, di 6 che allaccia i lacci ai compagni di classe, che dà il tempo per uscire da scuola a tutti i compagni di classe perché era quello che sapeva leggere l’orologio, che aiuta i commercianti nel risolvere i vari problemi, che aiuta gli amici e i compagni di classe a risolvere i disguidi quando si buca il pallone e così via… Poi capisci che sembra che hai fatto così tanto, così lontano in realtà ti riconduce sempre di più alla tua vocazione più profonda che in realtà ti ricorda quando avevi 4, 5, 6 anni.
08:45 MICHELA
Fantastica quest’immagine, un tutt’uno: ora, prima, adesso, dopo, domani. Sta tutto insieme, in un unico. Sì è questa la sensazione che mi dà ascoltandoti.
08:57 JACOPO
E l’ho capito non pensando di fare una cosa per tutta la vita e obbligandomi a farla per tutta la vita. Questo credo sia un tema fondamentale, per conoscerci, per esplorarsi.
09:10 MICHELA
Sì, davvero, ascoltandoti mi ritorna quell’aggettivo che hai usato all’inizio liquido. Liquido, non rigido, fluido, una vita che scorre. E se proviamo a immaginare una scuola basata sulla fiducia dove c’è, forse, uno spazio anche per questi ingredienti di esplorazione e di compiti di realtà, oggi alcuni insegnanti stanno provando a fare la differenza nella scuola, ad aprirla, a rendere i bambini i veri protagonisti dell’esperienza scolastica. Sarebbe veramente bello immaginarcela così. Secondo te quali primi passi potrebbe fare un insegnante, che ci sta ascoltando e dicesse: “Vorrei proprio, consegnare questa fiducia ai miei ragazzi, ai miei alunni, ai miei bambini, per aiutarli a scoprire i loro talenti”, ecco. Cosa potrebbe iniziare a fare?
10:00 JACOPO
Forse… Fai domande estremamente complesse per non avermele anticipate Michela, ti considero davvero una brutta persona…
10:09 MICHELA
Grazie, lo ritengo un complimento!
10:13 JACOPO
Grazie mille!
10:15 MICHELA
È la fiducia che mi ha spinto così, a farti queste domande…
10:19 JACOPO
Ti ringrazio. Credo che un primo esercizio possa essere guardare la fotografia della propria classe e chiedersi a quali ragazzi non stai dando sufficientemente fiducia, perché è normale: se ci sono due ragazzi, a uno gli dai più fiducia e a uno meno, è normale. Tutto è così. Se c’hai due persone che collaborano con te, uno performa meglio, uno peggio. È normale. È chiaro, se li compari, e nella comparazione c’è questo, c’è un giudizio, che dovrebbe essere tolto, in questo caso, questo giudizio. Però comparando allora mi chiedo a chi stai dando un po’ meno fiducia e perché gli stai dando meno fiducia. Se c’hai delle assumption che diventano dei pregiudizi e ti chiedi come puoi metterli in discussione, se ci sono altre ipotesi. E un’altra cosa, magari, aiutando e facilitando i ragazzi, non a fare solo quello che sembra che sappiano fare, nel senso non dicendogli che sono proprio bravi a fare quello che sono bravi a fare, ma facendoli esplorare un po’ di più. Noi siamo nati per esplorare, siamo nati per esplorare, interiorizzare e condividere e farlo il più velocemente possibile. Rischiamo di inculcare ai ragazzi a 7/8 anni che non sanno fare delle cose o che sanno fare delle cose.
11:47 MICHELA
È tutta una questione di dove uno assetta lo standard mentalmente, no, quel pregiudizio forse anche un piccolo viaggio interiore di onestà con sé stessi…
11:56 JACOPO
Eh certo. Quindi settarsi delle aspettative è una cosa che può generare dei danni, anche molto durevoli. I maestri le sanno queste cose, le sanno e non hanno bisogno di riascoltarle da me, ma provare ad applicarle e a superare, a respirare, respirando, a superare quelle loro paure. Quindi, quello che possiamo consigliargli è fare degli esercizi insieme nel visualizzare la classe e dire: “Come posso dare più fiducia a chi proprio non gliela riesco a dare quella fiducia?”. Come posso generare più eventi casuali positivi? Perché il talento è qualcosa di distribuito in modo equo, Michela, in giro per il mondo, le opportunità no. E quindi i maestri e i professori cosa dovrebbero fare? Dovrebbero generare più eventi casuali positivi, perché se un talento incontra un talento casuale negativo, sta lì, frena, sta fermo. Se incontro un evento casuale positivo ha la possibilità di raddoppiare. Gliene offri 10, e tra i dieci ne trovi due su cui è capace, però gliene devi offrire 10, gli devi dare fiducia nell’offrirgliene 10. Non devi dargliene due e dire: “No, non è andato. Eh va beh… Basta…”
13:06 MICHELA
Credo che la fatica grande sia riuscire a farlo dentro una struttura istituzionale che invece non è per niente liquida e flessibile, ma è molto rigida. Invece tu, con Fondazione Homo Ex Machina hai proprio messo in piedi delle opportunità per questi ragazzi, proprio basate sulla fiducia e sull’occasione che loro possono avere per tirar fuori i loro talenti. Ci puoi raccontare così semplicemente, brevemente, un esempio significativo di queste opportunità che offri?
13:37 JACOPO
Sì, con Fondazione Homo Ex Machina quest’anno abbiamo co-fondato Aurora. E Aurora è il voler mettere insieme tutte quelle che sono buone pratiche metodologiche sull’imprenditorialità giovanile. Mettere insieme da chi? Da 30 organizzazioni che si occupano di imprenditorialità giovanile da 100 anni. Chi se ne occupa da 100, chi da 40, e chi da 20 anni e sono lungo il Mediterraneo e lungo tutta Europa. Fondazione Homo Ex Machina l’abbiamo co-fondata qualche annetto fa, per creare programmi di orientamento e formazione per under 25. Così abbiamo costruito “Summer School” per bambini dai 6 e 10 anni, su come rafforzare la loro struttura emotiva. È così che abbiamo costruito contest per ispirare, far conquistare nuovi punti di riferimento per ragazzi dai 6 ai 18 anni, è così che abbiamo costruito programmi di mentorship bidirezionale trasversale su temi lontani dai ragazzi, per ragazzi tra i 15 e i 25 anni. E allora abbiamo detto: uniamo le nostre competenze a tante sorelle, cugine, fondazioni che sono in giro per l’Europa e lungo il Mediterraneo. Facciamo un programma unito e unico che si chiama Aurora e facciamolo dedicato ai ragazzi under 20, e facciamolo con l’obiettivo di allenarli a valicare nuovi limiti in modo continuo, prendono scelte lungimiranti in modo frequente. Scelte lungimiranti vuol dire scelte durevoli. E proprio per questo abbiamo deciso di farlo per gli under 20, perché quando hai 16, 17, 18, 19, 20 anni prendi le scelte più durevoli per la tua vita, le prendi in modo frequente e sono le prime grandi scelte della tua vita. Quindi è il contesto naturale dove allenarti a fare questo. E come li alleniamo questi ragazzi? Offriamogli un’opportunità, creiamogli un contesto che non è rigido, come magari un’istituzione accademica, dove ci sono gli esami e dove c’è il training. Il training vuol dire che devi fare matematica 1, matematica 2, matematica 3. Invece da noi c’è il tutoring, ci interessa che esca fuori Michela ed esca il 100% di Michela. E come generiamo opportunità casuali positive a Michela di 19 anni? Lo facciamo perché mettiamo in connessione Michela con 500 leader di industrie che sono in giro per il mondo, noi li chiamiamo Wizard. Per il 60% provengono dalle industrie d’avanguardia, le industrie d’avanguardia sono quelle che creeranno qualcosa di dirompente nella nostra società tra 10 anni o più. Ne faccio alcuni esempi: brain computer interface, smartasd, esoscheletri, stampa di tessuti organici, aerei che volano da soli. Il 20% di questi leader di industria invece provengono dalle industrie attuali e l’altro 20% da filosofia e management. Professionisti che allenano i ragazzi di Aurora a definire ipotesi, a validarle, ad allenare il pensiero critico, a creare team e a creare la fiducia all’interno di un team, a costruire un prodotto e guidarlo nel mercato. Il confronto con il Wizard è un confronto che ha l’obiettivo di allenare la plasticità del cervello dei ragazzi. E poi diamo 10.000 euro, 10.000 euro a fondo perduto per fare esperienze che noi definiamo trasformative, per fare tutte quelle esperienze che fai a 40 e dici: “Ah, averle fatte a 20!”, ma a vent’anni nessuno mi dava 10.000 euro, e nessuno mi dava la libertà di farle, di sperimentare. Che sia la creazione di un piccolo prodotto, o che sia di un’esperienza che mira ad aumentare la tua consapevolezza. E poi offriamo un programma di coaching su tre anni dove trimestralmente ci assicuriamo che i ragazzi crescano bilanciando le loro sfide con le loro competenze, così da evitare che si annoino se hanno troppe competenze rispetto alle sfide, o che vadano in burnout se hanno troppe sfide rispetto alle competenze. Il nostro obiettivo è che siano nel flow, poi qualsiasi cosa facciano: gli estetisti, gli esteti o il primo violino alla scala o quelli che lanciano lo shuttle nello spazio. Sono loro: oggi fanno violino, domani lanciano lo shuttle. Non possiamo avere la pretesa di dire fai questo, fai questo, fai questo, possiamo avere l’ambizione di farli crescere nel flow e di generargli opportunità, che in alcuni casi loro coglieranno. Questa è Aurora e per accedere ad Aurora, dato che non crediamo nella selezione, però abbiamo delle risorse limitate, abbiamo capito che possiamo sostenere con questo programma 100 ragazzi l’anno. E per individuare questi ragazzi abbiamo costruito un processo di selezione / formazione, che si chiama Aurora Experience. L’Aurora Experience si compone di tre grandi sfide, sono tre prove pratiche, proprio per aumentare la consapevolezza dei candidati, aumentare la loro capacità di allenarsi a conquistare nuovi punti di riferimento. Ma questo lo facciamo solo perché crediamo che per rendere qualcuno autonomo, lo devi abilitare anche a rigenerarsi in modo continuo, e quindi facilitiamo l’accesso agli strumenti che servono poi a rigenerarti in modo continuo.
18:57 MICHELA
Fantastico! Che ricchezza! Non ch’io voglia tornare indietro negli anni, ma se mi dovesse capitare così, accidentalmente, di incontrare una macchina del tempo, mi piacerebbe partecipare a uno di questi programmi di sicuro, perché credo che, davvero, sia un’opportunità enorme per questi ragazzi per fare dei passi grandi, che raramente la vita in un’unica situazione ti offre l’occasione di sperimentarti. Senti chiudiamo con un piccolissimo suggerimento che possiamo dare a un genitore che ci sta ascoltando e che da domani mattina vuole mettere in pratica un pochettino più di fiducia. Si sveglia e dice: “Okey, una piccola azione che posso fare per mettere un po’ più di fiducia nella mia vita di genitore, quindi nella relazione con i miei figli…”.
19:45 JACOPO
Mi rifaccio al suggerimento che abbiamo dato agli insegnanti. Però, se vogliamo aggiungere qualcosa al suggerimento dato agli insegnanti, io semplicemente ci passerei del tempo in più, del tempo di qualità, del tempo nelle loro attività, non nelle attività che ho detto io di fare, nelle loro attività. E indagherei su quali sono le loro attività e proverei a domandarmi come abilitarlo a nuove attività che lui vuole sperimentare, che non siano frutto delle mie aspettative.
20:19 MICHELA
Grazie Jacopo per aver tracciato con noi una rotta per navigare con fiducia nel complesso mondo dell’educazione.
20:28 JACOPO
Grazie mille Michela!
20:29 MICHELA
E poi se vogliamo scoprire le opportunità che offri ai giovani per esprimersi nei loro talenti, consegnandogli la tua fiducia con iniziative come Aurora, appunto, che hai descritto, oppure Tecnopia, dove citando una frase dal tuo sito dici: “Il percorso predefinito non esiste. Ognuno ha un talento da coltivare e la nostra missione è fornire tutti gli strumenti, le opportunità e gli incontri per farlo germogliare”. Ecco, il sito dove puoi trovare tutto questo è www.medium.com/hexma scritto H-E-X-M-A. E allora, che dire, buona fiduciosa navigazione.
21:05 JACOPO
Grazie Michela!
21:08 MICHELA
Potete continuare ad esplorare insieme a noi gli orizzonti della relazione educativa con i prossimi episodi su www.edunauta.it. Un progetto di Generas Foundation, post- produzione e audio di Erazero.
Come accompagnare i bambini a conquistare la fiducia in sé stessi? Quali opportunità possiamo offrigli per raggiungere questa meta? Michela Calvelli dialoga con Jacopo Mele
AUTORI: Michela Calvelli, Jacopo Mele,ARGOMENTI: Competenze del ruolo educativo, Consapevolezza di sé, autonomia, Credere in sé stessi, autostima,