Le scelte di grandi cuori per formare piccole menti

L’educazione può essere considerata uno degli elementi chiave nella nostra società, in quanto influisce direttamente nella formazione della propria identità, nelle scelte di vita e nella costruzione sociale. Di conseguenza, più o meno consciamente, ai responsabili di questa educazione si chiede tanto, anzi, tantissimo. Si chiede competenza, strategia, innovazione, cambiamento, didattica, formazione, relazione e molto altro.

 

Ma quali strumenti, contesti e opportunità sono loro offerti per rispondere al meglio a questo grido, a questa profonda richiesta umana di crescere, nutrire e permettere all’essere umano di fiorire nella propria unicità?

 

Burocrazie, imposizioni, controlli, procedure, carenze nel percorso formativo, mancati riconoscimenti sociali: certo non è il terreno fertile che un insegnante sogna sotto i propri piedi, eppure è il contesto in cui si trovano ad agire attualmente in Italia. E se il terreno è sterile, allora bisogna lavorare con particolari tecniche di concimazione e irrigazione, perché ad oggi questi sono i suoi frutti:

  • più di 2,5 milioni di ragazzi under 30 anni non studiano e non lavorano;
  • quasi 3 milioni di studenti, negli ultimi 15 anni, hanno abbandonato gli studi senza diplomarsi;
  • dal 2007 al 2016 il tasso di disoccupazione giovanile è passato dal 15% al 40,1%;
  • solo 1 ragazza su 5 sceglie materie STEAM (Science, Technology, Engineering, Arts, and Mathematics);
  • più del 60% dei datori di lavoro ritengono non adeguata la preparazione e le competenze dei giovani formati dalle scuole.

(Dati riportati dalle due organizzazioni non profit che vi presentiamo di seguito: Fondazione Officina Futuro e Big Picture Learning Italia).

 

Allora come fa una scuola a rinnovarsi, se il terreno istituzionale in cui è immersa la depriva delle risorse necessarie? Eppure, nonostante la tremenda situazione di partenza, ci sono insegnanti che decidono di prendere le redini della situazione ed impegnarsi in prima persona per cambiare, come Fabio Pirola e Chiara Jorioz, “che ad un certo punto, davanti ad una macchinetta del caffè si sono domandati se non fosse possibile creare una scuola diversa, che fosse in grado di accogliere le differenze e sviluppare i talenti degli studenti” (dal podcast Big Picture Learning).

 

Così, qui e là, emerge quest’acqua fresca zampillante che fertilizza e irriga il terreno. Così, se prima solo una ragazza su cinque sceglieva le materie STEAM per timore di essere giudicata e di dover dimostrare di essere molto più brava dell’universo maschile in cui si ritroverebbe immersa, ora si formano gruppi di ragazze adolescenti che “codificano” prodotti utili alle persone, al territorio, alle scuole. Come ci raccontano Costanza, Jessica e Irene nel podcast Officina Futuro.

 

Dopotutto, lo diceva l’architetto ed inventore Buckminster Fuller, citato nel progetto scolastico di Big Picture Learning, che “Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda obsoleto quello esistente”.

 

Se cambiare è possibile, questo innanzitutto è frutto di una scelta. Perché si possa parlare propriamente di decisione è però necessario che il decisore abbia di fronte a sé una pluralità di opzioni: la scelta obbligata, in assenza di alternative, non è tale. La decisione è un elemento essenziale della libertà: l’azione libera è quella che viene scelta.

 

E ancora, se la scelta è la decisione di intraprendere un’azione tra più alternative considerate, da parte di un individuo o un gruppo, allora il primo passo è investigare, esplorare e conoscere quali opzioni ci sono a disposizione, anche quelle sconosciute e mai considerate prima, anche quelle verso le quali si nutrono timori o pregiudizi. Così si scavano quei cunicoli, si aprono quei pertugi, attraverso cui l’acqua fertile potrà zampillare fuori e andare ad irrigare i campi sterili. Entrando in quei pertugi del complesso processo decisionale, in cui intuito e inconscio, intelletto e analisi, mettono in moto l’acqua e la spingono per assegnare valore a una strada piuttosto che a un’altra, viene aperta la via attraverso cui verrà realizzata la scelta.

Possiamo potenziare la parte tecnologica fin quando abbiamo voglia, ma se non potenziamo quella umana, non facciamo molta strada” Fabio Pirola (co- fondatore di Big Picture Learning)

 

Daniel Pennac, nel suo Diario di scuola, scriveva: “Ma insegnare è proprio questo: ricominciare fino a scomparire come professori. Se non riusciamo a collocare i nostri studenti nell’indicativo presente della nostra lezione, se il nostro sapere e il piacere di servirsene non attecchiscono su quei ragazzini e quelle ragazzine, nel senso botanico, la loro esistenza vacillerà sopra vuoti infiniti. Certo, non saremo gli unici a scavare quei cunicoli, a non riuscire a colmarli, ma quelle donne e quegli uomini avranno comunque passato uno o più anni della loro giovinezza seduti di fronte a noi. E non è poco un anno di scuola andato in malora: è l’eternità in un barattolo”.

 

Se questi sono gli insegnanti che sogniamo, se sono loro quelli a cui vorremmo affidare i nostri figli e figlie, se questo è il tipo di educatori che noi stessi possiamo essere, allora creiamo insieme quel terreno fertile affinché la scelta esista, il cunicolo sia aperto, i fiori sboccino!

 

Michela Calvelli

 

Ascolta i podcast: 

OFFICINA FUTURO _ Le ragazze creano il mondo con la tecnologia

BIG PICTURE LEARNING _ Un modello di scuola nuovo rende obsoleto quello esistente

 

www.officinafuturofondazione.org

www.bigpicturelearning.it

 

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