Cos’è la fiducia e quali implicazioni ha in campo educativo?
È bene sin da subito partire da cosa non è la fiducia: non è una aspettativa su ciò che l’altro deve fare o essere, un pensiero chiuso su un risultato prefigurato. Questo, appunto, si chiama aspettativa.
Troppo spesso in campo educativo dentro alle parole pronunciate dall’adulto: “Mi fido di te” sono racchiuse queste altre intenzioni non dette: “Mi aspetto che tu faccia ciò che ritengo tu debba fare”. Questo è l’esatto opposto della fiducia.
La parola fiducia significa: atteggiamento, verso altri o verso se stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità.
Ecco un primo segnale che possiamo riscontrare per guardare onestamente se stiamo donando fiducia propriamente, oppure se stiamo mascherando le nostre aspettative: “generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità”. Quando diciamo al ragazzo “mi fido di te”, come ci sentiamo? Se avvertiamo ansia, paura, rabbia, allora sappiamo che non siamo nella fiducia, ma nell’aspettativa. Se sentiamo apertura, resa, positività, prontezza a sostenere le eventuali difficoltà, possiamo ritenerci sulla strada corretta.
Perché questo ingrediente della fiducia è così importante nella relazione educativa, cosa succede quando manca la vera fiducia e cosa succede quando questa è presente, viva, sentita e vera?
Quando la fiducia è confusa con l’aspettativa succede che anche il bambino, la bambina o il ragazzo, la ragazza impara a identificarsi – oppure a ribellarsi – a tali aspettative, per cui: nel primo caso diventa un’immagine di ciò che gli altri proiettano su di lui o lei, allontanandosi da se stesso; nel secondo caso, diventa autodistruttivo agendo anche contro se stesso in quella ribellione, perché le aspettative dell’adulto su di lui o lei, nella maggior parte dei casi, hanno un fine buono, quindi rifiutando anche queste ultime, finisce con l’essere lesivo a se stesso.
Quando non si ottiene una prestazione secondo l’aspettativa – di un altro o di se stessi – non è possibile definire questo come “errore”, ma come un mancato raggiungimento ideale di performance, successo o insuccesso. “Volevo scrivere una A perfetta, ma ho ottenuto una A imperfetta”, nel processo dell’imparare, procedere per tentativi è parte del processo stesso: perché identifichiamo questo come errore?
Purtroppo siamo culturalmente impostati così, ma per noi edunauti il cambiamento è sempre possibile. Infatti, quando la fiducia è caricata di aspettative, il bambino “sbaglia” se non corrisponde all’immagine delle mie aspettative. In campo educativo, l’unico errore possibile è l’allontanarsi, col pensiero o con l’azione, dal “bene” proprio della comunità o dell’ambiente.
Quelli chiamati comunemente “errori” spesso non sono subito da correggere perché portano con sé un dono, un insegnamento che necessita del tempo per sedimentare e far sbocciare il fiore della comprensione portandoci così ad un graduale miglioramento personale. Soprattutto, non si sbaglia perché il bambino o la bambina non fa ciò che l’adulto si aspetta da lui o da lei. Se chiamiamo questo errore stiamo confinando quel piccolo essere nella prigione psicologica dell’adulto facendo si che diventi spazio dal quale fuggire o rimanere intrappolato. Quando riconosciamo questa verità, è possibile lasciare liberi i bambini, le bambine e i ragazzi, le ragazze di sperimentare la vita, imparando da essa con apertura e fiducia, anziché evitandola con paura e ansia.
Immaginiamo un’opera d’arte, nella creazione artistica il risultato finale è una sorpresa anche per l’artista stesso che, mettendoci la sua essenza, riuscirà a donarle luce e bellezza. Come ci insegna Hakuna Matata nel relativo podcast, l’arte è un processo creativo che implica la fiducia nelle proprie capacità e nella possibilità di migliorarsi attraverso il processo creativo stesso con “la consapevolezza che ciò che verrà prodotto non avrà nulla a che vedere con ciò che ci si aspetta”.
In questo modo “difficoltà” diventa sinonimo di autonomia e libertà. Così la maestra Flavia ci testimonia: “Negli anni di collaborazione (con Hakuna Matata) ho potuto notare delle trasformazioni evidenti nei miei alunni. In particolare, alcuni bimbi hanno trovato, attraverso l’uso della creatività, direi, finalmente, un modo di esprimersi e di esprimere se stessi, o meglio, di usare un tipo di linguaggio alternativo, che ha permesso loro di comunicare con gli altri. Sto pensando a bimbi che si relazionano con tutti gli altri in modo difficoltoso, per diversi motivi.”
La vera trasformazione, anche nei ragazzi e nelle ragazze che hanno difficoltà scolastiche, non avviene certo aumentando il carico delle aspettative su di loro, ma donando fiducia. Ce lo racconta anche un ex alunno de “La Strada”, che nel podcast dice: “All’inizio non mi fidavo molto, parlavo poco, a casa avevo un po’ di casini e non parlavo neanche a casa. Però le Prof mi chiedevano sempre quello che non andava, cercavano di farmi parlare e di capire quali erano i problemi, così, cercavano di capire come stavano le cose e mi faceva andare molto meglio”. Poi prosegue dicendoci che con il dono della fiducia “non si impara solo a studiare, si impara anche a concentrarsi, a impegnarsi e ad affrontare i problemi”.
Imparando a ri-conoscere e coltivare vera fiducia, imparando soprattutto a donarla, è possibile ottenere almeno un po’ di quella felicità tanto ricercata da tutto il genere umano. Perché, come ci ricorda Sara nel podcast Abbazia Giovane di Montemorcino, “Non è mai tardi per scoprire chi si vuole essere”, a patto di aver conosciuto la fiducia di provare e il coraggio di conoscersi.
Michela Calvelli
Ascolta i podcast:
HAKUNA MATATA_Il potere dell’arte: educare alla creatività, alla flessibilità, al dialogo
ABBAZIA GIOVANE MONTEMORCINO_Orientamento è aiutare a scegliere la propria vita
LA STRADA_Quale strada percorrere quando manca la voglia di studiare
www.circoloarcihakunamatata.it