“Per tutte queste ragioni d’indole igienica, d’indole pedagogica e morale, io vorrei che il concetto della scuola all’aperto si famigliarizzasse fra noi e che ne venisse impulso vigoroso ad una trasformazione di tutte le nostre scuole primarie, rinnovando non solo i vecchi e malsani edifici, ma sibbene i metodi educativi”. Caterina Cecchini
La citazione in apertura è tratta da un testo piuttosto datato, edito a Modena nel lontano 1910, dal titolo “La scuola all’aperto come arma preventiva contro la tubercolosi”. Sebbene sia trascorso più di un secolo ed il contesto socio-culturale sia decisamente cambiato, le parole di Caterina Cecchini fotografano in modo piuttosto calzante quella che è la finalità delle ancora poche scuole che scelgono la didattica all’aperto, come quelle appartenenti alla Rete Nazionale delle scuole pubbliche all’aperto, di cui approfondiamo qui la conoscenza.
Se è vero che la scuola pubblica fatica a rigenerarsi e a rinnovarsi, è anche vero che chi non si sa rigenerare, prima o poi, degenera, come ci suggerisce il contemporaneo filosofo e sociologo francese Edgar Morin. Però, dal basso nascono pratiche virtuose che provano a ripensarsi e riorganizzarsi e, a volte, ci riescono anche. Un esempio sono gli 85 Istituti Comprensivi che aderiscono alla Rete Nazionale delle scuole pubbliche all’aperto che ad oggi, anno 2022 in corso, sono distribuiti su tutto lo stivale e presenti in 14 regioni.
Questo network, che si rivolge e coinvolge le scuole primarie, si è costituito e ha mosso i suoi primi passi nel corso del 2016, prendendo il là da una serie di esperienze educative virtuose radicate nel territorio bolognese. La rete, che nasce da un’alleanza tra genitori, insegnanti, educatori ambientali, ricercatori e docenti universitari, si riconosce nel “Decalogo delle Scuole Fuori”, proposto dall’associazione Bambini e Natura (https://bambinienatura.it/decaloghi/), e nei “Diritti naturali di bimbi e bimbe” redatti dal maestro e dirigente scolastico Gianfranco Zavalloni, quali il diritto all’ozio, all’uso delle mani, allo sporcarsi, al silenzio, al selvaggio, e così via.
L’accordo di rete nazionale, denominato “Innovazione sperimentazione e ricerca per un’educazione all’aperto”, istituisce formalmente il collegamento fra le istituzioni scolastiche che aderiscono ad esso all’articolo 4 ne evidenzia inequivocabilmente le finalità: “Il presente accordo ha lo scopo di soddisfare il comune interesse alla progettazione di percorsi didattici innovativi ispirati all’educazione all’aperto, alla ri-significazione degli spazi esterni come ambienti di apprendimento e aule didattiche diffuse”. Altrettanto degno di nota anche il secondo comma di quello stesso articolo 4, dal quale si evince la rilevanza data alla formazione del personale: “Si prefigge di formare il proprio personale per lo sviluppo delle competenze professionali necessarie per attivare in modo consapevole una didattica all’aperto, al fine di implementare il miglioramento della qualità dell’offerta formativa”.
Gli approcci che fungono da fari illuminanti e dirigono su rotte educative esatte i nostri piccoli uomini e donne, sono quelli dell’outdoor education e della pedagogia attiva. Quindi le scuole che praticano l’educazione all’aperto riscoprono il contatto quotidiano ed il legame duraturo con natura e territorio e, per farlo, non rinunciano al protagonismo del bambino nel suo processo di crescita, al contrario, compito dell’insegnante-educatore è proprio quello di cercare le condizioni affinché la curiosità e la sensorialità del bambino siano stimolati con continuità. In questo tipo di approccio pedagogico, la natura viene considerata a tutti gli effetti la fonte per eccellenza di apprendimento e benessere. In egual misura l’evidenza scientifica ha ormai dimostrato in maniera ineccepibile quanto è determinante il contatto duraturo con la natura sul piano del benessere psico-fisico di grandi e piccini.
Immaginiamoci “un mondo in cui tutti i bambini crescano con una comprensione profonda della vita intorno a loro, in cui ogni scuola abbia uno spazio di gioco naturale, in cui ogni bambino e ogni adulto abbiano un umano diritto di riconnettersi alla natura”. Questa frase – scritta da Richard Louv, autore di saggistica e giornalista americano, noto per il suo settimo libro, Last Child in the Woods: Saving Our Children From Nature-Deficit Disorder, che indaga la relazione dei bambini, delle bambine e del mondo naturale in contesti attuali e storici – è un invito a immaginare proprio adesso un siffatto mondo, perché vogliamo crearlo e, sono proprio il nostro pensiero e la nostra immaginazione che mettono in moto tale processo creativo.
Con l’auspicio che quanto vi abbiamo raccontato in merito alla rete nazionale delle scuole pubbliche all’aperto abbia stimolato la vostra curiosità vi consigliamo di continuare ad approfondire la conoscenza attraverso la consultazione del sito web dedicato alla rete, oppure, perché no, ascoltando uno dei podcast della Edumappa che racconta di pratiche educative all’aperto dedicate proprio alle scuole:
Michela Calvelli