Questa simpatica vignetta di una scrittrice di libri per bambini americana – presa dalla pagina Facebook di una delle organizzazioni che ispira l’articolo di oggi, Melo Education – ci propone qualcosa su cui indagare:
Traduzione dall’inglese
Genitore-Orso: Sto cercando di capire chi sei…
Figlio-Coniglio: Quello è il mio compito. Tu devi solo amarmi e accettarmi.
Genitore-Orso: Fiew. Allora il mio compito qui è terminato.
Amare e accettare, semplice, no?
Per amare nostro figlio, nostra figlia, i nostri alunni, le nostre alunne (in realtà vale per chiunque vogliamo amare) abbiamo bisogno di smettere di proiettare su di lui/lei/loro la nostra visione del mondo e di noi stessi. È necessario vedere l’altro per ciò che è, accettando di non conoscerlo completamente e lasciandolo libero di essere, di scegliere per sé. In pratica, accettare un bambino, una bambina, un ragazzo, una ragazza, per saper interagire con lui o lei, così come si presenta non vuol dire approvare tutto quello che fa, ma scegliere di entrare in relazione con lui o lei per comprenderlo/a più a fondo.
Partire dal bambino e dalla bambina anziché da se stessi, è uno spostamento non banale.
Molti educatori si riempiono la bocca con parole che diventano cliché, come “mettere al centro i bisogni dei bambini”, mentre a volte presentano con una bella faccia ciò che celano nell’ombra della propria intimità, come ad esempio un modo per scaricare la loro frustrazione, oppure per proiettare i propri bisogni. La differenza sta nel mettersi in ascolto del bambino e della bambina per lasciare che ci suggerisca i suoi desideri, sogni, aspirazioni, anziché stabilire noi adulti a priori quali siano questi bisogni. Ammettere di non sapere, di non conoscere, di riconoscere che è del bambino e della bambina il compito di riconoscere se stesso, mentre il nostro è quello di offrirgli occasioni per procedere.
Quante volte interagiamo con il figlio, la figlia, l’alunno o l’alunna con un pensiero nel retro-cranio “Vorrei che non fossi così” oppure “Vorrei che fossi in questo altro modo qui”?
In pratica resistiamo o forziamo il bambino o la bambina all’immagine che abbiamo di lui/lei, chiedendogli/le di essere come noi vogliamo. Lui/lei è come è: può solo modificare la facciata per farci piacere, ma questo lo/la allontanerà soltanto da se stesso/a, se viene forzato/a. L’assenza di comprensione e accettazione nella relazione con l’adulto, limita il bambino e la bambina e poi ancor di più il ragazzo e la ragazza nell’espressine di sé – come ho già scritto in un precedente articolo (Educare è imparare a vedere il valore infinito di ogni bambino/a) .
Quando una parte significativa della propria espressione viene nascosta e camuffata, si riducono apparentemente le tensioni nei rapporti, ma inizia un lento ed inesorabile processo di perdita di autenticità, spontaneità e di acquisizione di confusione rispetto alla propria identità. Tenere nascosti gli elementi difficili, quelli da migliorare della propria personalità, non li fa scomparire, li mette semplicemente in cantina, in un angolo buio della propria identità, dove inosservati potranno agire dietro le quinte di pensieri e comportamenti, condizionandoli a nostra insaputa. Quindi è bene che il bambino o la bambina si senta libero/a di esprimere anche questi lati di sé nel tempo e l’unico modo perché ciò avvenga, è che non si senta giudicato/a o forzato/a ad essere diverso/a. Però come aiutarlo/a a migliorarsi allo stesso tempo?
Come ne usciamo?
Riconosciamo che l’azione educativa è correttamente condizionata quando approviamo o disapproviamo un’azione, indicando al bambino o alla bambina ciò che può o non può. Allo stesso tempo agiamo un’accettazione incondizionata, riconoscendo momento per momento che il bambino, la bambina va bene così com’è. Sembra un paradosso, ma assumersi la responsabilità di compire delle scelte per il bambino, la bambina e contestualmente veicolare l’informazione che lui/lei va bene, possono sussistere insieme.
Per educare a conoscersi, poi, non c’è un sentiero o una via tracciata, perché è frutto di un’indagine individuale e può essere scelta e compiuta solo da ciascuno. Come ci ricorda Maria Montessori, a cui si ispira il progetto educativo di Melo Education: “La costruzione dello spirito umano avviene nell’intimo. Il costruttore non può dunque essere né la madre, né l’insegnante: essi non sono gli architetti, ma possono solo aiutare l’opera di creazione che procede del bambino stesso” (Maria Montessori, La mente del bambino).
Come ci dice Chiara, educatrice montessori, nel podcast Melo Education: “Alle domande dei bambini, non abbiamo fornito delle risposte esatte, ma le abbiamo utilizzate per approfondire la ricerca. In un dialogo continuo tra adulto e bambino, i bambini indicavano il dove andare, mentre l’adulto offre e apre le opportunità concrete di studio”. Insegnare ai bambini e alla bambine a conoscere se stessi e la realtà circostante, non vuol dire impartire informazioni su lettere, numeri e forme, ma aiutarli ad indagare il senso di sé e della realtà circostante, così è possibile raggiungere insieme il duplice obiettivo di un sapere accademico e di una conoscenza di sé. “Ormai è risaputo che l’apprendimento sia strettamente legato alla motivazione personale, al piacere e all’attività diretta e queste sono proprio le basi che guidano il nostro percorso” (Irene, una maestra, dal podcast Oltre la Nascita). Pur sapendo, ignoriamo; pur affermando di fare, non facciamo; pur guardando, non vediamo… “Occorre che l’adulto trovi in sé l’errore ancora ignoto che gli impedisce di vedere il bambino” (Maria Montessori, Il segreto dell’infanzia).
Interagire con l’altro e con la realtà per ciò che è, piuttosto che immedesimarsi e imprigionare l’altro in un’immagine ideale proiettata in un futuro lontano è la chiave che permette al meccanismo ignoto che oscura lo sguardo dell’educatore, di essere svelato. Guardare la realtà senza resistere, fuggire o forzare, consente di trovare insieme al bambino e alla bambina le vie del suo stesso miglioramento, essendo noi stessi sinceri e autentici nel relazionarci con lui/lei. Così adulto e bambino, bambina crescono insieme e sono insieme, nell’educare si educano, nell’osservare si osservano, nel lasciare esprimere si esprimono, nell’accettare si accettano, nel conoscere si conoscono, e così via: l’osservazione della presenza di questo processo, ci suggerisce che siamo sulla strada indicata dal coniglio della vignetta.
Michela Calvelli
Ascolta i podcast:
OLTRE LA NASCITA_Fare scuola negli spazi cittadini
MELO EDUCATION_Come mantenere vivi interesse e attenzione dei bambini
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